ORARI DI SIRACUSA
Accensione ore 16.43
Havdalah ore 17.45
Per le altre località vedi http://www.myzmanim.com/search.aspx
PARASHAH VAERA: Shemoth 6,2 - 9,35
HAFTARAH VAERA: Yechezqiel 28,24 - 29,21
Shalom a tutti.
Ancora una volta i midrashim sviluppano un tema che è oggetto di riflessione particolare.
Shalom a tutti.
Ancora una volta i midrashim sviluppano un tema che è oggetto di riflessione particolare.
Alla parashà precedente (Shemot, 5,
1-2) davanti a Faraone si presentarono Mosè e Aharon: - Siamo gli inviati del
Santo, benedetto egli sia. -
- E che cosa
volete? -
- Così ha detto
il Signore: manda via il mio popolo (Es 5,1). -
Allora Faraone
si adirò e disse: - Chi è il Signore perchè io abbia ad ubbidirlo, mandando via
Israele? Io non conosco il Signore e non manderò via Israele. -
Poi soggiunse: - Aspettate, voglio cercare nel mio libro. -
Poi soggiunse: - Aspettate, voglio cercare nel mio libro. -
Entrò allora nel
suo tesoro, ne trasse una lista di divinità e cominciò a leggere: - dio di
Moab, dio di Sidon, dio di Ammon. Il nome del vostro D-o non c'è. -
Risposero allora
Mosè e Aharon: - Si possono forse cercare i vivi vicino ai morti? Le divinità di
cui tu parli sono divinità morte, mentre il nostro D-o è il D-o vivente
-
Allora Faraone
chiede: - E' giovane o vecchio, quanti anni ha, quanti paesi ha assoggettato?
Quanti sono gli anni del suo regno, ma soprattutto come si chiama?
-
Ricordiamo che Faraone ritiene sè stesso un dio tanto da dire:
Ricordiamo che Faraone ritiene sè stesso un dio tanto da dire:
- Io sono il
signore del mondo, ho creato me stesso e il Nilo -
Questo midrash
viene raccolto da tutti i commentatori, da Augusto Segre a Elie
Wiesel.
Certo è che la
risposta attribuita ai due fratelli è fondante una teologia, ma non basta a
Faraone che in fondo chiede di vedere il loro D-o e i due non solo non sanno
collocarlo in un tempo e in uno spazio, ma non sanno nemmeno il suo
nome.
"Egli ha teso il
cielo ed ha posto le fondamenta della terra, la sua voce si manifesta attraverso
scintille di fuoco, Egli scuote i monti e spezza le rupi, il suo arco è fuoco,
le sue frecce sono fiamme, la sua lancia è una face ardente, la sua spada è il
lampo. Egli crea le montagne, copre i cieli di nubi, fa scendere la pioggia e la
rugiada, fa spuntare le erbe e maturare i frutti, risponde al grido delle
partorienti, prepara il feto nell'alvo materno e poi lo fa uscire alla luce del
mondo, depone i re e li innalza al trono".
Chi è dunque
questo D-o senza nome? Dov'è il suo regno sulla terra? Come si può credere a chi
non si vede? E' una delle obiezioni più frequenti che le menti semplici degli
atei o degli agnostici oppongono anche oggi ai credenti.
Ma noi, come
possiamo comprendere colui che è oltre il mistero e la meraviglia, per usare le
parole di Herschel, come parlare di colui che non ha nome e che chiamiamo con
molti nomi?!
Maimonide scriveva: "Questi
concetti così profondi, che quasi trascendono la comprensione della nostra
mente, non possono essere espressi facilmente a parole. Le parole sono una delle
principali fonti di errore perchè, qualunque sia la lingua che noi usiamo,
troviamo il disturbo delle restrizioni che essa impone alla nostra
espressione... Ragionate in cuor vostro sui vostri letti e
tacete".
Secondo Maimonide è impossibile addurre prove dell'esistenza
di D-o (Ricordiamo che Maimonide ragiona in chiave Aristotelica). Se si muove
dalla realtà fisica non si giunge a provare l'effettiva realtà di D-o, nè vi si
giunge movendo da realtà astratte che siano frutto della propria mente. Bisogna
comprendere la verità nella sua totalità. A proposito di Maimonide Scrive Joseph
Sermoneta: "E' errato tentare di giungere sino alle dimostrazioni fondamentali
sulle quali dovrebbe basarsi la rispondenza tra un discorso umano e razionale da
un canto e la fede in qualcosa che appartiene ad una sfera che non ci è dato
conoscere dall'altro. La nostra realtà infatti non è la realtà di
D-o".
"Su ciò di cui
non si può parlare si deve tacere", scriverà secoli dopo Wittgenstein,
ebreo.
E oggi il
grande architetto Peter Eisenman, ebreo, deriva le sue poetiche costruttive, i
codici dell'architettura ebraica, dalla negazione della presenza. Cancellate le
percezioni sensibili di un antropocentrismo dominante nella cultura
greco-cristiana, Eisenman crea lo spazio della "assenza della presenza", di un
Dio irrapresentabile e perfino innominabile. "Astratte sono tutte le figure del
corpus symbolicum ebraico, l'astrazione è la grafia originaria". Lo spazio nella
sua tensione ebraica fra memoria e messianesimo diventa un ontologia, luogo
della conoscenza della dimensione universale di D-o e non delle determinazioni
particolari, gli enti."
Dunque che può
dire Faraone dinanzi a questa presenza della assenza di D-o?
Sfida, sul piano
della concretezza, la parte di sè che non sa comprendere, il sublime, la
risposta al mistero. Non sa elevarsi sopra la sua propria sapienza, nel limite
dei suoi confini, la materia.
Scrive Herschel:
"Nella speculazione tradizionale la meditazione intorno a D-o si è svolta
via
eminentiae, cioè secondo il procedimento dal noto all'ignoto. Il
nostro punto di partenza, invece non è il noto, il finito, l'ordine, bensì
l'ignoto nel noto, l'infinito nel finito, il mistero nell'ordine ....... La
certezza della realtà di D-o non deriva dall'esperienza ma dalla nostra
incapacità di sperimentare ciò che viene offerto al nostro spirito. Non è
l'ordine dell'esistenza che provoca la nostra comprensione, bensì ciò che vi è
di trascendente nella contingenza di qualsiasi ordine, le allusioni alla
trascendenza contenute in tutti gli atti, in tutte le cose. La nostra certezza
scaturisce dalla meraviglia e dall'assoluto stupore, dal timore provato di
fronte al mistero e al significato della vita al di là del nostro discernimento
razionale".
Per questo Faraone chiede prove a Mosè
e Aharon, ma non comprende nemmeno l'intervento di D-o nella storia nelle calamità che si abbattono sulla sua
terra e sul suo popolo.
Eppure nel Sefer haKuzari Yehuda haLewi
fa dire al saggio Ebreo chiamato nella disputa, che la conoscenza di D-o non
deriva dalla contemplazione del cosmo, ma da quella della storia del popolo
ebraico che, a differenza delle altre religioni monoteiste, crede in un D-o
nazionale, quello di Avraham, Ytzhak e Ya'akov, perchè solo nella Storia si
coglie l'intervento divino nelle attività umane. Un D-o che agisce nella storia
e che ha scelto il popolo di Israele come suo popolo. Quando il re dei Kazari
gli chiede come mai parli di un D-o nazionale e non di un D-o creatore, il
saggio Ebreo risponde che il D-o universale e creatore è quello dei filosofi,
dell'intelletto e al filosofo contrappone la figura del Profeta, intesa come
superamento della speculazione filosofica.
Questa però è l'intenzione di chi deve dimostrare la potenza di D-o,
quella che useranno lo stesso Mosè e Aharon nei confronti di Faraone con la
successione delle piaghe, ma il D-o di Mosè è ancora quello senza nome e figura
che a lui si rivela.
Shabbat shalom
Israel Eliahu
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