HENRIK GÓRECKI: Sinfonia n.3 "Dei canti lamentosi" op 36, per soprano e orchestra, 1976. II mov.: lento e largo, tranquillissimo.
Il nostro ritorno da lontano ci fa ascendere al Suo Monte Santo
lunedì 28 aprile 2014
venerdì 25 aprile 2014
SHABBATH 26 NISSAN 5774 / 25-26 APRILE 2014 - KEDOSHIM - Si annuncia Rosh Chodesh
Michoel Muchnik: Paesaggio di Shabbath
ORARI DI SIRACUSA
ore 19.24 - 20.25Per le altre località clicca Q U I
PARASHAH KEDOSHIM: Vayqrà 19:1 - 20:27
HAFTARAH:
martedì 22 aprile 2014
venerdì 18 aprile 2014
SHABBATH CHOL HAMOʽED 19 NISSAN 5774 / 18-19 APRILE 2014
Haggadah di Sarajevo
LETTURE
I Sefer: Shemoth 33:12 - 34:26
II Sefer: Bemidbar 28:19-25
Haftarah: Yechezqiel 36:37 - 37:14
U M O R I S M O
Adelle John: Tants (danza) 2005
Un Ebreo di Milano decide di andare a trovare un amico
correligionario di Ferrara.
Di buona mattina si reca in stazione centrale e si affaccia
allo sportello della biglietteria.
- Buongiorno, vorrei un biglietto per Ferrara, andata e ritorno.
Quant’è ? e scusi, quanti km ci sono fra Milano e Ferrara? -
- 260 - risponde il bigliettaio.
- Ah, bene. E da Ferrara a Milano? -
Il ferroviere lo guarda incredulo e, sentendosi deriso, gli
risponde seccato: - Secondo lei? Se sono 260 da Milano a Ferrara mi sembra
ovvio che da Ferrara a Milano siano sempre 260. O no?!?! -
- Non si alteri - gli risponde il nostro Ebreo – da noi
funziona diversamente. Le faccio un esempio: Guardi, da Pesach a Shavuot sono 50
giorni, mentre da Shavuot a Pesach sono 315!
giovedì 17 aprile 2014
domenica 13 aprile 2014
PESACH 14 NISSAN 5774 / 14 APRILE 2014 VIGILIA - DIGIUNO DEI PRIMOGENITI
Boris Dubrov: Si prepara la festa di Pesach
ORARI DI SIRACUSA
DOMENICA 13 APRILE
Bediqath chametz sera
LUNEDì 14 APRILE
Termine per mangiare il chametz ore 10.48
Biʽur chametz 11.53
Hadlaqath neroth 19.14
giovedì 10 aprile 2014
SHABBATH 12 NISSAN 5774 / 11-12 APRILE - ACHARÈ MOTH - SHABBATH HAGADOL
Albert Benaroya: Il tavolo del Rav
ORARI DI SIRACUSA
ore 19.11 - 20.11Per le altre località clicca Q U I
PARASHAH ACHARÈ MOTH: Vayqrà 16 - 18
HAFTARAH SHABBATH HAGADOL: Malakhì 3:4-24
Shalom a tutti.
Il prossimo è Shabbat haGadol,
lo Shabbat prima di Pesach.
Perché sia chiamato haGadol è
controverso, ecco alcune delle interpretazioni che ho trovato in una pagina ben
fatta di Wikipedia.
Prima:
Nel Midrash Rabbah troviamo che quando gli Ebrei
misero da parte il loro agnello pasquale per quello Shabbat, i primogeniti dei
gentili si radunarono presso gli Israeliti per chiedere loro che cosa stessero
facendo. La risposta fu che era un’offerta di Pesach per il Signore che avrebbe
ucciso i figli primogeniti degli Egiziani. Allora i figli primogeniti degli
Egiziani andarono dai loro padri e dallo stesso faraone affinchè concedessero la
libertà al popolo Ebraico, ma poiché essi si rifiutarono, i primogeniti
levarono le armi contro di loro e molti egiziani perirono. Questo è infatti il
signivicato del verso:
Lemakké Mitzraim
bivchorehem, Colui che percosse l’Egitto
nei suoi primogeniti (Salmo 136, 10).
Seconda:
Nell’Arbaʽah Turim troviamo:
“L’agnello era una divinità egizia. Molti Ebrei dopo 210 anni di assimilazione
alla civiltà egizia avevano adottato anch’essi l’agnello come proprio idolo.
Quando il Signore ordinò che un agnello venisse scelto e legato per quattro
giorni in previsione del sacrificio, il popolo ebraico abbandonò la pratica
idolatrica per adempiere a questa mitzvà
davanti agli Egiziani stessi, dimostrando di credere al D-o unico e non agli
idoli.
Nonostante per gli Egiziani
fosse abominevole vedere una loro divinità in procinto di essere macellata,
miracolosamente non riuscirono a regire né con le parole né con le armi,
restando impotenti davanti al loro dio che stava per essere sacrificato. Questo
fu un grande miracolo nes gadol e diede il nome a questo Shabbat.
Terza:
Nel Peri Chadash si narra che
“in quel giorno fu comandato al popolo ebraico di compiere la prima mitzvah.
Questo importante risultato è chiamato gadol. Inoltre gli Ebrei, adempiendo a
questa mitzvah ebbero una sorta di iniziazione alla vita religiosa
dell’osservanza diventando come bambini che maturano alla vita adulta con il bar
mitzvah. In questo senso il nome Shabbat haGadol si intenderebbe come Lo
Shabbat in cui gli Ebrei divennero gadol cioè adulti.
Quarta:
Il Chatam Sofer riporta che “in
questo giorno il popolo ebraico fece ritorno, Teshuvah, al loro impegno di fede
a D-o. Poiché gadol è un
attributo di D-o, sottomettendosi al Signore il popolo ebraico assunse il
titolo di Gadol”.
Quinta:
Nello Shibolei Haleket si
afferma che “il lungo discorso omiletico, il sermone che per tradizione si tiene nel pomeriggio durante questo Shabbat
lo rende lungo, persistente, gadol appunto.
Sesta:
Rabbi David ben Joseph
Abudarham scrive che “nella Haftarah dello Shabbat prima di Pesach si legge il
possuk Malachì, 3:23 'Ecco io vi invierò il profeta Elyahu prima che giunga il
giorno grande e terribile (yom hagadol vehanorah) del Signore.' Per questa
ragione lo Shabbat haGadol deriva il suo nome dalla Haftarah come pure accade
per lo Shabbat Chazon, lo Shabbat Nahamu, Lo Shabbat Shuva.
Settima:
Ogni Shabbat che precede una
festa è conosciuto come Shabbat haGadol (cfr Shibolei Halecket).
Come si evince dalla lettura
del testo, le consuetudini per questo Shabbat haGadol sono quelle che il Rabbino
o il Presidente tengono alla Qehillah un lungo discorso; oltre alla Parashà che
nel nostro caso è Hacharè Moth (Levitico 16:1- 17:30).
La Haftarah di Acharè moth
sarebbe Ezechiele 22:1-16, ma nello Shabbat haGadol si
legge una Haftarah speciale, Malachì 3:4-24, dove si vaticina la futura
redenzione di Israele che richiama quella della liberazione dalla schiavitù dell’Egitto
che celebreremo la prossima settimana a Pesach.
“Fin dai tempi dei vostri
padri vi siete allontanati dai Miei statuti e non li avete osservati. Tornate a
Me ed Io tornerò a voi”.Mi pare che su questa frase che troviamo al verso 7 dovremmo meditare;
spesso dimentichiamo che il rapporto con il Signore deve essere nutrito con
l’osservanza, con il fare del quotidiano; osservare i Suoi precetti per
ricevere, come prescrive anche lo Shemà. A volte invece ci si ricorda di D-o
solo quando si è in difficoltà, quando la vita con le sue leggi inesorabili ci
colpisce; nei momenti di gioia o di serenità spesso non custodiamo questo
impegno che ci lega al Signore secondo quanto da Lui prescritto. Confidiamo
nella sua misericordia immensa dimenticandoci che ci ha chiesto solo di
riconoscergli che tutto il bene e la vita stessa, tutto quanto abbiamo lo
dobbiamo a Lui, che siamo solo umili depositari del Suo grande progetto.
Shabbath shalom
Israel Eliahu
mercoledì 9 aprile 2014
BENDIGAMOS AL ALTISIMO
Questo canto in giudeo-spagnolo costituisce una breve Birkat haMazon.
Fortuna è una cantautrice brasiliana impegnata nel recupero del repertorio sefardita. Buon ascolto!
lunedì 7 aprile 2014
LORD JONATHAN SACKS, Rabbino Capo di Gran Bretagna: Lashon haraʽ attaverso internet (da Moked, il portale dell'ebraismo)
Durissimo intervento del rav Lord Jonathan Sacks contro la diffusione della maldicenza e del bullismo elettronico attraverso Internet e i social network. Basandosi sul commento alla Parasha Tazria, la porzione biblica dove si illustrano fra l’altro i disastri provocati dalla diffusione di falsità e di malevolenze, il rabbino britannico che ha appena concluso il suo mandato di Rabbino Capo del Commonwealth ed è considerato fra i maggiori leader spirituali del nostri tempi mette in guardia con estrema severità le comunità ebraiche e invita tutti a prendere le distanze da chi utilizza senza scrupoli la comunicazione elettronica per seminare invidia, arroganza, egoismo e pregiudizio. Il linguaggio malevolo, ricorda il Rav, è da sempre il veleno che rischia di distruggere le nostre comunità e i mezzi di comunicazione elettronica lo rendono quanto mai insidioso. “Il bullismo elettronico – spiega il Rav - è la più aggiornata forma di Lashon Hara. In generale Internet è il più efficace diffusore di linguaggio dell’odio mai escogitato. Non solo rende così facile la comunicazione mirata, ma consente di evitare anche gli incontri a viso aperto, che talvolta inducono moderazione e suscitano sentimenti di vergogna, sensibilità e autocontrollo nei confronti delle proprie azioni”.
“Il linguaggio – si afferma fra l’altro nella lunga lezione dedicata all’argomento - è vita. Le parole creano, ma anche distruggono. Se le parole buone sono sacre, quelle cattive sono una dissacrazione. Un segno di quanto seriamente l’ebraismo prenda la questione, è la preghiera che diciamo al termine di ogni Amidah almeno tre volte al giorno: ‘Mio D-o, proteggi la mia lingua dal male, e le mie labbra da parole di inganno. Nei confronti di coloro che mi maledicono fai sì che la mia anima rimanga in silenzio, possa la mia anima essere nei loro confronti come polvere’. Avendo pregato D-o all’inizio di ‘aprire le mie labbra così che la mia bocca possa dichiarare le Tue lodi’, Lo preghiamo alla fine di aiutarci a chiudere le labbra per non parlare male degli altri, né reagire quando gli altri parlano male di noi”.
“Nonostante tutto, però, nonostante la proibizione del pettegolezzo contenuta nella Torah, nonostante le storie di Giuseppe, Mosè, Miriam, e le spie, nonostante la severità senza pari dei Saggi nei confronti del parlar male, il lashon hara rimane un problema lungo tutto il corso della storia ebraica e lo è anche oggi. Ogni leader è soggetto a esso. I Saggi dissero che quando Mosè lasciava la sua tenda presto al mattino, il popolo mormorava che aveva avuto un litigio con sua moglie. Se la lasciava tardi, che stava complottando contro di loro (cfr. Rashi su Deuteronomio 1:12)”.
“Tutti coloro – aggiunge il Rav - dal manager, al genitore, all’amico, che cercano di essere dei leader, devono affrontare la questione del lashon hara. Prima di tutto ciascuno dovrà accettarlo come il prezzo da pagare per ogni tipo di successo. Alcune persone sono invidiose. Fanno pettegolezzo. Si costruiscono denigrando altre persone. Chi si trova in una posizione di leadership, dovrà probabilmente convivere con il fatto che dietro le spalle, e talvolta anche in faccia, la gente sarà critica, maliziosa, sprezzante, diffamatoria, e talvolta completamente disonesta. Questo può essere difficile da accettare. Avendo conosciuto molti leader, in molti campi, posso testimoniare che non tutti i personaggi pubblici hanno la pelle dura. Molti sono sensibili e sono emotivamente logorati dalle critiche ripetute e ingiuste.
Se mai doveste trovarvi in questa situazione, il miglior consiglio è lo stesso impartito dal Maimonide: ‘Se una persona è scrupolosa nel suo modo di comportarsi, gentile nella conversazione, positiva verso il prossimo, affabile nell’accoglierlo, non risponde neppure se offesa, ma è pronta a mostrare cortesia verso tutti, anche verso coloro che la trattano con disprezzo… questa persona avrà glorificato il nome di D-o e su di lei le Scritture sottolineano ‘Sei il mio servo Israele, in cui io sarò glorificato’ (Isaia 49:3; Maimonide, Hilkhot Yesodei ha-Torah 5: 11). Questo si applica nel caso in cui il lashon harah sia rivolto nei nostri confronti come singoli”.
“Collettivamente come gruppo, tuttavia, si deve praticare la tolleranza zero verso il lashon hara. Permettere di parlare male uno dell’altro, conduce nel lungo termine alla distruzione dell’integrità del gruppo. Il parlar male sprigiona energie negative. All’interno del gruppo sparge i semi della sfiducia e dell’invidia. Diretto fuori dal gruppo, può condurre all’arroganza, all’ipocrisia e autoconvincimento della propria superiorità, al razzismo e al pregiudizio, tutti sentimenti che sono fatali alla credibilità di qualsiasi squadra. Che tu sia o meno il leader di questo gruppo, devi mettere educatamente in chiaro che non avrai nulla a che fare con questo comportamento e che esso non trova posto nelle tue conversazioni”.
sabato 5 aprile 2014
SIRACUSA 3 APRILE 2014: Incontro con i ragazzi del Liceo Classico Enrico Trimarchi di Santa Teresa di Riva (ME)
Nell'ambito del programma di incontri con le scuole, Israel Eliahu ha ricevuto i ragazzi del Liceo Trimarchi di S. Teresa Riva. Alla lezione sull'ebraismo è seguita la visita allo storico miqvè.
giovedì 3 aprile 2014
SHABBATH 5 NISSAN 5774 / 4-5 APRILE 2014 - METZORAʽ
Albrecht Dürer: Il lebbroso, 1513
ORARI DI SIRACUSA
ore 19.05 - 20.04Per le altre località clicca Q U I
PARASHAH METZORAʽ: Vayqrà 14 - 15
HAFTARAH: Melakhim II 7: 1-20; 13: 23
Shalom a tutti.
Le ultime due parashot, Tazrìà῾ e Metzorà῾, contengono prescrizioni per la purità e la qedushah. Si tratta della impurità della donna dopo il parto, della
lebbra e dei suoi riti di purificazione, della lebbra della casa. Il
termine tzara῾at, che si traduce impropriamente lebbra, ha evidentemente
una estensione semantica vasta e si può riferire a malattie della pelle e
comunque contagiose. Quello che ci preme approfondire è propriamente il
concetto di purità; non ci troviamo di fronte a prescrizioni solo di
carattere igienico e sanitario, anche se questa valenza è comunque
evidente. Né è sufficiente considerare queste malattie e queste
condizioni come metafore di stati di impurità
spirituale come hanno fatto alcuni commentatori. In particolare
un testo di Rav Riccardo Pacifici, in Discorsi sulla Torah, il quale
scrive: “Anzi qui non si tratta, come a prima vista
potrebbe sembrare, di infezioni fisiche o di malattie del corpo. Queste
non sono probabilmente altro che i simboli di malattie morali e in ogni
caso la genesi, lo sviluppo, la guarigione della malattia fisica è
considerata in stretto rapporto con la vita spirituale”. Il fatto che
l’intermediario per la guarigione fosse un sacerdote, secondo Rav
Pacifici conferma questa considerazione per la quale siamo in un
ambiente semanticamente denso e osmotico, tessuto fra malattia del corpo
e malattia dello spirito. Scrive ancora Rav Pacifici: “Una riprova
evidente di questa tendenza si ha in un detto talmudico ove si dice che
molte di queste piaghe provengono da colpe di carattere sociale, prima
fra queste la maldicenza, lashon hara῾, e che una
delle sanzioni più frequenti a questa grave colpa sociale sia appunto
la lebbra”.
Ricordiamo
questo enunciato: “Vi sforzerete di essere Santi e sarete Santi poiché
Io sono il Signore vostro D-o. Osserverete i miei decreti e li metterete
in pratica. Io sono il Signore che vi Santifica (Levitico 20:7-8).
Secondo alcuni col termine decreti si intendono le leggi non
comprensibili in termini strettamente razionali.
Cominciamo
subito col dire che il concetto di purità, Tahorà, e quello di impurità
Tumà, nell’ebraismo non corrispondono a quello di buono e di cattivo,
ma fanno riferimento ad una condizione di sacralità che consente di
accedere al Santuario.
Tutte
le regole e i precetti di riferimento li troviamo nell’ordine Tahorot
della Mishnah e quindi nella decima parte del Mishneh Torah di Maimonide.
In quel compendio dell’opera maimonidea che è “La guida dei perplessi” Maimonide parte
dall’assunto di natura psicologica che la frequentazione ordinaria del
Santuario ne svilirebbe il grande senso religioso e che non è
raccomandabile entrarvi in ogni momento. Secondo Maimonide, D-o vietò
agli impuri di entrare nel Santuario: “… benché ci siano molte specie di
impurità al punto che tu quasi non trovi una persona pura”, dimostrando
la quasi impossibilità di non incorrere in un atto di impurità durante
la giornata, e conclude dicendo: “... ebbene tutto questo è un motivo
per star lontano dal Santuario e non andarci
in ogni momento … nessun uomo può entrare nel cortile del Tempio per il
culto, foss’anche puro, finché non ha fatto le abluzioni”. Queste
abluzioni rituali erano prescritte anche al Cohen haGadol e risulta
evidente come non si trattasse di prescrizione igieniche ma di una
prassi che consentiva un cambiamento di stato, una separazione fra due
condizioni spirituali diverse. Prosegue Maimonide con questi enunciati:
“I risultati di queste prescrizioni 1) Tenere lontano dalle
contaminazioni, 2) Proteggere il Santuario, 3) Mantenere ciò che è
diffuso ed usuale, 4) Alleggerire queste difficoltà, così che l’uomo non
sia impedito dalla questione della purità e impurità a svolgere le sue
occupazioni giacché questa questione della purità e impurità non
riguarda altro che il Santo e le cose sante”.
Da
questo risulta evidente come le prescrizioni che riguardano la puerpera
e la donna mestruata non sono certo quarantene di natura sanitaria e
tanto meno sociale. Lo stesso Maimonide ribadisce come la lebbra sia,
già confermato dai Sapienti, una punizione per il turpiloquio. E ancora
afferma di non saper spiegare alcune prassi cultuali e rituali che
presiedono agli atti di purificazione come la vexata quaestio della
vacca rossa o del rituale di purificazione con rami di issopo, legno di
cedro e sangue già esaminati in un precedente approfondimento.
Cito dal volumetto La purità nella famiglia ebraica, a cura di Adina
Cohen e Simy Elmaleh: “A differenza di alcune altre religioni
l’Ebraismo non condanna la vita del corpo alla vergogna o alla
repressione, ma al contrario la nostra Torah vuole elevare e dare forma
nobile a tutto ciò che potrebbe avere un aspetto animale nella vita e
portarlo così ad un livello spirituale più vicino al divino. Per questo,
ad esempio, l’alimentazione che è sottoposta alle leggi della
kasheruth, è preceduta e seguita da benedizioni, affinché
l’uomo ritrovi D-o nei più piccoli atti della sua vita. Allo stesso modo
il matrimonio, i rapporti fra i coniugi, sono sottoposti a leggi il cui
scopo evidente è quello di elevare ad un livello più spirituale tutto
ciò che potrebbe, al contrario, mettere in
evidenza la somiglianza fra l’uomo e l’animale”.
Va
da sé che molte delle regole di purità che scandivano la vita
quotidiana ai tempi del Bet haMikdash oggi non siamo più tenuti ad
osservarle, ma molte di queste sono da mantenere ogni volta che ci si
avvicina al culto o si entra in Sinagoga. Pensate alla Tevilah che la
donna deve compiere dopo sette giorni dalla cessazione del ciclo. Non
c’è nessuna pratica igienica che la può sostituire perché è un atto di
consacrazione, una legge divina.
Quindi
questo concetto di purificazione non attiene alla sfera igienico-salutista né a quella morale, il periodo che segue la niddah non ha
certo il valore di un esilio per una colpa né quello successivo al parto,
dato che è l'esplicitazione di uno dei principi dell’Ebraismo.
Si fa riferimento al raggiungimento di un valore metafisico, di recupero di una corruzione dello stato di Qedushah.
Secondo
un concetto mutuato da studi antropologici, in molte culture è impuro
non solo ciò che lo è per sé stesso ma ciò che è anche veicolo di
contaminazione. Il soggetto terzo può essere alterato e diventare esso
stesso impuro. Se questo risulta meno comprensibile quando ci riferiamo alla
niddah, troviamo però nel Sefer ha zohar libro III: “Quando un uomo
tocca una donna mestruata il suo peccato risveglia il serpente superno e
arreca impurità in un luogo dove non si dovrebbe”.
Difficile ricondurre la stratificazione simbolica e allegorica sul mestruo a razionali letture, quando ad esempio Yosef Caro (1488-1575) nel Sefer toledot Yishaq paragona
l’impurità di Israele a quella della mestruata e non a quella
arrecata da un cadavere. “Mentre infatti un Sacerdote non può entrare
nella casa in cui vi sia un cadavere, gli è lecito entrare ove si trovi
una donna durante il ciclo e dimorare con lei. Allo stesso modo il Santo
Benedetto fa aleggiare la propria Shekinah sugli Ebrei sebbene essi
siano impuri”.
Forse
è più semplice comprendere il senso di questa impurità da condivisione o «contagio» se ci riferiamo a culti idolatri frequenti fra i
fenici che celebravano con sangue il culto alle divinità.
Tuttavia
non possiamo non comprender come in caso di malattie della pelle od
altre che indichiamo sotto il nome generico di lebbra, il problema del
contagio fosse un rischio concreto.
Per questo altri commentatori indulgono anche ad accettare determinate consuetudini come prevenzione di contagi per malattie epidemiche. Isacco Segre nel 1897 in “L’igiene nella Bibbia e nei libri rabbinici” edito in anastatica da Carucci nel 1980, legge le prescrizioni del Levitico anche come regole di profilassi sanitaria. In una silloge alla fine del primo paragrafo della parte terza Segre scrive: “Le misure profilattiche prescritte dal Sommo Legislatore per le malattie come lebbra e gonorrea ed altre ritenute contagiose e diffusibili si riassumono nelle seguenti:
a) Visita accurata e diligente da parte dei sacerdoti, degli individui sospetti di malattie diffusibili
Per questo altri commentatori indulgono anche ad accettare determinate consuetudini come prevenzione di contagi per malattie epidemiche. Isacco Segre nel 1897 in “L’igiene nella Bibbia e nei libri rabbinici” edito in anastatica da Carucci nel 1980, legge le prescrizioni del Levitico anche come regole di profilassi sanitaria. In una silloge alla fine del primo paragrafo della parte terza Segre scrive: “Le misure profilattiche prescritte dal Sommo Legislatore per le malattie come lebbra e gonorrea ed altre ritenute contagiose e diffusibili si riassumono nelle seguenti:
a) Visita accurata e diligente da parte dei sacerdoti, degli individui sospetti di malattie diffusibili
b) Loro isolamento in località appartata per la durata di alcuni giorni
c)
Abluzioni frequenti e ripetute delle loro persone in acqua viva, nella
quale talora s’aggiungeva della cenere, che per la soda di cui è
costituita, giovava ad una maggior nettezza della persona.
In
questa sede non posso riassumere il volumetto. Ma non si può fare a
meno di compiacersi che il buon senso dei nostri Padri trova conferma
nelle più elementari e moderne argomentazioni salutiste e ricordate: “I
sospiri distruggono la vita dell’uomo; la vita dei melanconici, degli
iracondi, dei mesti non si chiama vita!”.
Shabbath shalom
Israel Eliahu
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