lunedì 28 aprile 2014

28 Nissan 5774 / 28 Aprile 2014 YOM HASHOAH (posticipato)

Giornata del ricordo dell'olocausto.


HENRIK GÓRECKI: Sinfonia n.3 "Dei canti lamentosi" op 36, per soprano e orchestra, 1976. II mov.: lento e largo, tranquillissimo.

venerdì 25 aprile 2014

SHABBATH 26 NISSAN 5774 / 25-26 APRILE 2014 - KEDOSHIM - Si annuncia Rosh Chodesh



Michoel Muchnik: Paesaggio di Shabbath


ORARI DI SIRACUSA
ore 19.24 - 20.25
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PARASHAH KEDOSHIM: Vayqrà 19:1 - 20:27
HAFTARAH:

venerdì 18 aprile 2014

SHABBATH CHOL HAMOʽED 19 NISSAN 5774 / 18-19 APRILE 2014


 Haggadah di Sarajevo


LETTURE

I Sefer: Shemoth 33:12 - 34:26
II Sefer: Bemidbar 28:19-25

Haftarah: Yechezqiel 36:37 - 37:14


U M O R I S M O

 Adelle John: Tants (danza) 2005
 
 
Un Ebreo di Milano decide di andare a trovare un amico correligionario di Ferrara.
Di buona mattina si reca in stazione centrale e si affaccia allo sportello della biglietteria.
- Buongiorno, vorrei un biglietto per Ferrara, andata e ritorno. Quant’è ? e scusi, quanti km ci sono fra Milano e Ferrara? -
- 260 - risponde il bigliettaio.
- Ah, bene. E da Ferrara a Milano? -
Il ferroviere lo guarda incredulo e, sentendosi deriso, gli risponde seccato: - Secondo lei? Se sono 260 da Milano a Ferrara mi sembra ovvio che da Ferrara a Milano siano sempre 260. O no?!?! -
- Non si alteri - gli risponde il nostro Ebreo – da noi funziona diversamente. Le faccio un esempio: Guardi, da Pesach a Shavuot sono 50 giorni, mentre da Shavuot a Pesach sono 315!

domenica 13 aprile 2014

PESACH 14 NISSAN 5774 / 14 APRILE 2014 VIGILIA - DIGIUNO DEI PRIMOGENITI

 Boris Dubrov: Si prepara la festa di Pesach


ORARI DI SIRACUSA 

DOMENICA 13 APRILE
Bediqath chametz sera 

LUNEDì 14 APRILE
Termine per mangiare il chametz ore  10.48
Biʽur chametz                                11.53
Hadlaqath neroth                           19.14

giovedì 10 aprile 2014

SHABBATH 12 NISSAN 5774 / 11-12 APRILE - ACHARÈ MOTH - SHABBATH HAGADOL


Albert Benaroya: Il tavolo del Rav


ORARI DI SIRACUSA
ore 19.11 - 20.11
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PARASHAH ACHARÈ MOTH: Vayqrà 16 - 18 
HAFTARAH SHABBATH HAGADOL: Malakhì 3:4-24


 
Shalom a tutti.
Il prossimo è Shabbat haGadol, lo Shabbat prima di Pesach.
Perché sia chiamato haGadol è controverso, ecco alcune delle interpretazioni che ho trovato in una pagina ben fatta di Wikipedia.
Prima:
Nel Midrash Rabbah troviamo che quando gli Ebrei misero da parte il loro agnello pasquale per quello Shabbat, i primogeniti dei gentili si radunarono presso gli Israeliti per chiedere loro che cosa stessero facendo. La risposta fu che era un’offerta di Pesach per il Signore che avrebbe ucciso i figli primogeniti degli Egiziani. Allora i figli primogeniti degli Egiziani andarono dai loro padri e dallo stesso faraone affinchè concedessero la libertà al popolo Ebraico, ma poiché essi si rifiutarono, i primogeniti levarono le armi contro di loro e molti egiziani perirono. Questo è infatti il signivicato del verso:  
Lemakké Mitzraim bivchorehem, Colui che percosse l’Egitto nei suoi primogeniti (Salmo 136, 10).
Seconda:
Nell’Arbaʽah Turim troviamo: “L’agnello era una divinità egizia. Molti Ebrei dopo 210 anni di assimilazione alla civiltà egizia avevano adottato anch’essi l’agnello come proprio idolo. Quando il Signore ordinò che un agnello venisse scelto e legato per quattro giorni in previsione del sacrificio, il popolo ebraico abbandonò la pratica idolatrica per adempiere a questa mitzvà davanti agli Egiziani stessi, dimostrando di credere al D-o unico e non agli idoli.
Nonostante per gli Egiziani fosse abominevole vedere una loro divinità in procinto di essere macellata, miracolosamente non riuscirono a regire né con le parole né con le armi, restando impotenti davanti al loro dio che stava per essere sacrificato. Questo fu un grande miracolo nes gadol e diede il nome a questo Shabbat.
Terza:
Nel Peri Chadash si narra che “in quel giorno fu comandato al popolo ebraico di compiere la prima mitzvah. Questo importante risultato è chiamato gadol. Inoltre gli Ebrei, adempiendo a questa mitzvah ebbero una sorta di iniziazione alla vita religiosa dell’osservanza diventando come bambini che maturano alla vita adulta con il bar mitzvah. In questo senso il nome Shabbat haGadol si intenderebbe come Lo Shabbat in cui gli Ebrei divennero gadol cioè adulti.
Quarta:
Il Chatam Sofer riporta che “in questo giorno il popolo ebraico fece ritorno, Teshuvah, al loro impegno di fede a D-o. Poiché gadol è un attributo di D-o, sottomettendosi al Signore il popolo ebraico assunse il titolo di Gadol”.
Quinta:
Nello Shibolei Haleket si afferma che “il lungo discorso omiletico, il sermone  che per tradizione si tiene nel pomeriggio durante questo Shabbat lo rende lungo, persistente, gadol appunto.
Sesta:
Rabbi David ben Joseph Abudarham scrive che “nella Haftarah dello Shabbat prima di Pesach si legge il possuk Malachì, 3:23 'Ecco io vi invierò il profeta Elyahu prima che giunga il giorno grande e terribile (yom hagadol vehanorah) del Signore.' Per questa ragione lo Shabbat haGadol deriva il suo nome dalla Haftarah come pure accade per lo Shabbat Chazon, lo Shabbat Nahamu, Lo Shabbat Shuva.
Settima:
Ogni Shabbat che precede una festa è conosciuto come Shabbat haGadol (cfr Shibolei Halecket). 
Come si evince dalla lettura del testo, le consuetudini per questo Shabbat haGadol sono quelle che il Rabbino o il Presidente tengono alla Qehillah un lungo discorso; oltre alla Parashà che nel nostro caso è Hacharè Moth (Levitico 16:1- 17:30).
La Haftarah di Acharè moth sarebbe Ezechiele 22:1-16, ma nello Shabbat haGadol si legge una Haftarah speciale, Malachì 3:4-24, dove si vaticina la futura redenzione di Israele che richiama quella della liberazione dalla schiavitù dell’Egitto che celebreremo la prossima settimana a Pesach.
“Fin dai tempi dei vostri padri vi siete allontanati dai Miei statuti e non li avete osservati. Tornate a Me ed Io tornerò a voi”.Mi pare che su questa frase che troviamo al verso 7 dovremmo meditare; spesso dimentichiamo che il rapporto con il Signore deve essere nutrito con l’osservanza, con il fare del quotidiano; osservare i Suoi precetti per ricevere, come prescrive anche lo Shemà. A volte invece ci si ricorda di D-o solo quando si è in difficoltà, quando la vita con le sue leggi inesorabili ci colpisce; nei momenti di gioia o di serenità spesso non custodiamo questo impegno che ci lega al Signore secondo quanto da Lui prescritto. Confidiamo nella sua misericordia immensa dimenticandoci che ci ha chiesto solo di riconoscergli che tutto il bene e la vita stessa, tutto quanto abbiamo lo dobbiamo a Lui, che siamo solo umili depositari del Suo grande progetto.
 
Shabbath shalom
Israel Eliahu

mercoledì 9 aprile 2014

BENDIGAMOS AL ALTISIMO


Questo canto in giudeo-spagnolo costituisce una breve Birkat haMazon.
Fortuna è una cantautrice brasiliana impegnata nel recupero del repertorio sefardita. Buon ascolto!





lunedì 7 aprile 2014

EVENTO A NAPOLI


LORD JONATHAN SACKS, Rabbino Capo di Gran Bretagna: Lashon haraʽ attaverso internet (da Moked, il portale dell'ebraismo)


Durissimo intervento del rav Lord Jonathan Sacks contro la diffusione della maldicenza e del bullismo elettronico attraverso Internet e i social network. Basandosi sul commento alla Parasha Tazria, la porzione biblica dove si illustrano fra l’altro i disastri provocati dalla diffusione di falsità e di malevolenze, il rabbino britannico che ha appena concluso il suo mandato di Rabbino Capo del Commonwealth ed è considerato fra i maggiori leader spirituali del nostri tempi mette in guardia con estrema severità le comunità ebraiche e invita tutti a prendere le distanze da chi utilizza senza scrupoli la comunicazione elettronica per seminare invidia, arroganza, egoismo e pregiudizio. Il linguaggio malevolo, ricorda il Rav, è da sempre il veleno che rischia di distruggere le nostre comunità e i mezzi di comunicazione elettronica lo rendono quanto mai insidioso. “Il bullismo elettronico – spiega il Rav - è la più aggiornata forma di Lashon Hara. In generale Internet è il più efficace diffusore di linguaggio dell’odio mai escogitato. Non solo rende così facile la comunicazione mirata, ma consente di evitare anche gli incontri a viso aperto, che talvolta inducono moderazione e suscitano sentimenti di vergogna, sensibilità e autocontrollo nei confronti delle proprie azioni”.
“Il linguaggio – si afferma fra l’altro nella lunga lezione dedicata all’argomento - è vita. Le parole creano, ma anche distruggono. Se le parole buone sono sacre, quelle cattive sono una dissacrazione. Un segno di quanto seriamente l’ebraismo prenda la questione, è la preghiera che diciamo al termine di ogni Amidah almeno tre volte al giorno: ‘Mio D-o, proteggi la mia lingua dal male, e le mie labbra da parole di inganno. Nei confronti di coloro che mi maledicono fai sì che la mia anima rimanga in silenzio, possa la mia anima essere nei loro confronti come polvere’. Avendo pregato D-o all’inizio di ‘aprire le mie labbra così che la mia bocca possa dichiarare le Tue lodi’, Lo preghiamo alla fine di aiutarci a chiudere le labbra per non parlare male degli altri, né reagire quando gli altri parlano male di noi”.
“Nonostante tutto, però, nonostante la proibizione del pettegolezzo contenuta nella Torah, nonostante le storie di Giuseppe, Mosè, Miriam, e le spie, nonostante la severità senza pari dei Saggi nei confronti del parlar male, il lashon hara rimane un problema lungo tutto il corso della storia ebraica e lo è anche oggi. Ogni leader è soggetto a esso. I Saggi dissero che quando Mosè lasciava la sua tenda presto al mattino, il popolo mormorava che aveva avuto un litigio con sua moglie. Se la lasciava tardi, che stava complottando contro di loro (cfr. Rashi su Deuteronomio 1:12)”.
“Tutti coloro – aggiunge il Rav - dal manager, al genitore, all’amico, che cercano di essere dei leader, devono affrontare la questione del lashon hara. Prima di tutto ciascuno dovrà accettarlo come il prezzo da pagare per ogni tipo di successo. Alcune persone sono invidiose. Fanno pettegolezzo. Si costruiscono denigrando altre persone. Chi si trova in una posizione di leadership, dovrà probabilmente convivere con il fatto che dietro le spalle, e talvolta anche in faccia, la gente sarà critica, maliziosa, sprezzante, diffamatoria, e talvolta completamente disonesta. Questo può essere difficile da accettare. Avendo conosciuto molti leader, in molti campi, posso testimoniare che non tutti i personaggi pubblici hanno la pelle dura. Molti sono sensibili e sono emotivamente logorati dalle critiche ripetute e ingiuste.
Se mai doveste trovarvi in questa situazione, il miglior consiglio è lo stesso impartito dal Maimonide: ‘Se una persona è scrupolosa nel suo modo di comportarsi, gentile nella conversazione, positiva verso il prossimo, affabile nell’accoglierlo, non risponde neppure se offesa, ma è pronta a mostrare cortesia verso tutti, anche verso coloro che la trattano con disprezzo… questa persona avrà glorificato il nome di D-o e su di lei le Scritture sottolineano ‘Sei il mio servo Israele, in cui io sarò glorificato’ (Isaia 49:3; Maimonide, Hilkhot Yesodei ha-Torah 5: 11). Questo si applica nel caso in cui il lashon harah sia rivolto nei nostri confronti come singoli”.
“Collettivamente come gruppo, tuttavia, si deve praticare la tolleranza zero verso il lashon hara. Permettere di parlare male uno dell’altro, conduce nel lungo termine alla distruzione dell’integrità del gruppo. Il parlar male sprigiona energie negative. All’interno del gruppo sparge i semi della sfiducia e dell’invidia. Diretto fuori dal gruppo, può condurre all’arroganza, all’ipocrisia e autoconvincimento della propria superiorità, al razzismo e al pregiudizio, tutti sentimenti che sono fatali alla credibilità di qualsiasi squadra. Che tu sia o meno il leader di questo gruppo, devi mettere educatamente in chiaro che non avrai nulla a che fare con questo comportamento e che esso non trova posto nelle tue conversazioni”.

sabato 5 aprile 2014

SIRACUSA 3 APRILE 2014: Incontro con i ragazzi del Liceo Classico Enrico Trimarchi di Santa Teresa di Riva (ME)


Nell'ambito del programma di incontri con le scuole, Israel Eliahu ha ricevuto i ragazzi del Liceo Trimarchi di S. Teresa Riva. Alla lezione sull'ebraismo è seguita la visita allo storico miqvè.


giovedì 3 aprile 2014

SHABBATH 5 NISSAN 5774 / 4-5 APRILE 2014 - METZORAʽ

 Albrecht Dürer: Il lebbroso, 1513

ORARI DI SIRACUSA
ore 19.05 - 20.04
Per le altre località clicca   Q U I
 

PARASHAH METZORAʽ: Vayqrà 14 - 15 
HAFTARAH: Melakhim II 7: 1-20; 13: 23

Shalom a tutti.
Le ultime due parashot, Tazrìà῾ e Metzorà῾, contengono prescrizioni per la purità e la qedushah. Si tratta della impurità della donna dopo il parto, della lebbra e dei suoi riti di purificazione, della lebbra della casa. Il termine tzara῾at, che si traduce impropriamente lebbra, ha evidentemente una estensione semantica vasta e si può riferire a malattie della pelle e comunque contagiose. Quello che ci preme approfondire è propriamente il concetto di purità; non ci troviamo di fronte a prescrizioni solo di carattere igienico e sanitario, anche se questa valenza è comunque evidente. Né è sufficiente considerare queste malattie e queste condizioni come metafore di stati di impurità spirituale come hanno fatto alcuni commentatori. In particolare un testo di Rav Riccardo Pacifici, in Discorsi sulla Torah, il quale scrive: “Anzi qui non si tratta, come a prima vista potrebbe sembrare, di infezioni fisiche o di malattie del corpo. Queste non sono probabilmente altro che i simboli di malattie morali e in ogni caso la genesi, lo sviluppo, la guarigione della malattia fisica è considerata in stretto rapporto con la vita spirituale”. Il fatto che l’intermediario per la guarigione fosse un sacerdote, secondo Rav Pacifici conferma questa considerazione per la quale siamo in un ambiente semanticamente denso e osmotico, tessuto fra malattia del corpo e malattia dello spirito. Scrive ancora Rav Pacifici: “Una riprova evidente di questa tendenza si ha in un detto talmudico ove si dice che molte di queste piaghe provengono da colpe di carattere sociale, prima fra queste la maldicenza, lashon hara῾, e che una delle sanzioni più frequenti a questa grave colpa sociale sia appunto la lebbra”.
Ricordiamo questo enunciato: “Vi sforzerete di essere Santi e sarete Santi poiché Io sono il Signore vostro D-o. Osserverete i miei decreti e li metterete in pratica. Io sono il Signore che vi Santifica (Levitico 20:7-8). Secondo alcuni col termine decreti si intendono le leggi non comprensibili in termini strettamente razionali.
Cominciamo subito col dire che il concetto di purità, Tahorà, e quello di impurità Tumà, nell’ebraismo non corrispondono a quello di buono e di cattivo, ma fanno riferimento ad una condizione di sacralità che consente di accedere al Santuario.
Tutte le regole e i precetti di riferimento li troviamo nell’ordine Tahorot della Mishnah e quindi nella decima parte del Mishneh Torah di Maimonide. In quel compendio dell’opera maimonidea che è “La guida dei perplessi” Maimonide parte dall’assunto di natura psicologica che la frequentazione ordinaria del Santuario ne svilirebbe il grande senso religioso e che non è raccomandabile entrarvi in ogni momento. Secondo Maimonide, D-o vietò agli impuri di entrare nel Santuario: “… benché ci siano molte specie di impurità al punto che tu quasi non trovi una persona pura”, dimostrando la quasi impossibilità di non incorrere in un atto di impurità durante la giornata, e conclude dicendo: “... ebbene tutto questo è un motivo per star lontano dal Santuario e non andarci in ogni momento … nessun uomo può entrare nel cortile del Tempio per il culto, foss’anche puro, finché non ha fatto le abluzioni”. Queste abluzioni rituali erano prescritte anche al Cohen haGadol e risulta evidente come non si trattasse di prescrizione igieniche ma di una prassi che consentiva un cambiamento di stato, una separazione fra due condizioni spirituali diverse. Prosegue Maimonide con questi enunciati: “I risultati di queste prescrizioni 1) Tenere lontano dalle contaminazioni, 2) Proteggere il Santuario, 3) Mantenere ciò che è diffuso ed usuale, 4) Alleggerire queste difficoltà, così che l’uomo non sia impedito dalla questione della purità e impurità a svolgere le sue occupazioni giacché questa questione della purità e impurità non riguarda altro che il Santo e le cose sante”. 
Da questo risulta evidente come le prescrizioni che riguardano la puerpera e la donna mestruata non sono certo quarantene di natura sanitaria e tanto meno sociale. Lo stesso Maimonide ribadisce come la lebbra sia, già confermato dai Sapienti, una punizione per il turpiloquio. E ancora afferma di non saper spiegare alcune prassi cultuali e rituali che presiedono agli atti di purificazione come la vexata quaestio della vacca rossa o del rituale di purificazione con rami di issopo, legno di cedro e sangue già esaminati in un precedente approfondimento.
Cito dal volumetto La purità nella famiglia ebraica, a cura di Adina Cohen e Simy Elmaleh: “A differenza di alcune altre religioni l’Ebraismo non condanna la vita del corpo alla vergogna o alla repressione, ma al contrario la nostra Torah vuole elevare e dare forma nobile a tutto ciò che potrebbe avere un aspetto animale nella vita e portarlo così ad un livello spirituale più vicino al divino. Per questo, ad esempio, l’alimentazione che è sottoposta alle leggi della kasheruth, è preceduta e seguita da benedizioni, affinché l’uomo ritrovi D-o nei più piccoli atti della sua vita. Allo stesso modo il matrimonio, i rapporti fra i coniugi, sono sottoposti a leggi il cui scopo evidente è quello di elevare ad un livello più spirituale tutto ciò che potrebbe, al contrario, mettere in evidenza la somiglianza fra l’uomo e l’animale”.
Va da sé che molte delle regole di purità che scandivano la vita quotidiana ai tempi del Bet haMikdash oggi non siamo più tenuti ad osservarle, ma molte di queste sono da mantenere ogni volta che ci si avvicina al culto o si entra in Sinagoga. Pensate alla Tevilah che la donna deve compiere dopo sette giorni dalla cessazione del ciclo. Non c’è nessuna pratica igienica che la può sostituire perché è un atto di consacrazione, una legge divina.
Quindi questo concetto di purificazione non attiene alla sfera igienico-salutista né a quella morale, il periodo che segue la niddah non ha certo il valore di un esilio per una colpa né quello successivo al parto, dato che è l'esplicitazione di uno dei principi dell’Ebraismo.
Si fa riferimento al raggiungimento di un valore metafisico, di recupero di una corruzione dello stato di Qedushah.
Secondo un concetto mutuato da studi antropologici, in molte culture è impuro non solo ciò che lo è per sé stesso ma ciò che è anche veicolo di contaminazione. Il soggetto terzo può essere alterato e diventare esso stesso impuro. Se questo risulta meno comprensibile quando ci riferiamo alla niddah, troviamo però nel Sefer ha zohar libro III: “Quando un uomo tocca una donna mestruata il suo peccato risveglia il serpente superno e arreca impurità in un luogo dove non si dovrebbe”.
Difficile ricondurre la stratificazione simbolica e allegorica sul mestruo a razionali letture, quando ad esempio Yosef Caro (1488-1575) nel Sefer toledot Yishaq paragona l’impurità di Israele a quella della mestruata e non a quella arrecata da un cadavere. “Mentre infatti un Sacerdote non può entrare nella casa in cui vi sia un cadavere, gli è lecito entrare ove si trovi una donna durante il ciclo e dimorare con lei. Allo stesso modo il Santo Benedetto fa aleggiare la propria Shekinah sugli Ebrei sebbene essi siano impuri”.
Forse è più semplice comprendere il senso di questa impurità da condivisione o «contagio» se ci riferiamo a culti idolatri frequenti fra i fenici che celebravano con sangue il culto alle divinità.
Tuttavia non possiamo non comprender come in caso di malattie della pelle od altre che indichiamo sotto il nome generico di lebbra, il problema del contagio fosse un rischio concreto.
Per questo altri commentatori indulgono anche ad accettare determinate consuetudini come prevenzione di contagi per malattie epidemiche. Isacco Segre nel 1897 in “L’igiene nella Bibbia e nei libri rabbinici” edito in anastatica da Carucci nel 1980, legge le prescrizioni del Levitico anche come regole di profilassi sanitaria. In una silloge alla fine del primo paragrafo della parte terza Segre scrive: “Le misure profilattiche prescritte dal Sommo Legislatore per le malattie come lebbra e gonorrea ed altre ritenute contagiose e diffusibili si riassumono nelle seguenti:
a) Visita accurata e diligente da parte dei sacerdoti, degli individui sospetti di malattie diffusibili
b) Loro isolamento in località appartata per la durata di alcuni giorni
c) Abluzioni frequenti e ripetute delle loro persone in acqua viva, nella quale talora s’aggiungeva della cenere, che per la soda di cui è costituita, giovava ad una maggior nettezza della persona.
In questa sede non posso riassumere il volumetto. Ma non si può fare a meno di compiacersi che il buon senso dei nostri Padri trova conferma nelle più elementari e moderne argomentazioni salutiste e ricordate: “I sospiri distruggono la vita dell’uomo; la vita dei melanconici, degli iracondi, dei mesti non si chiama vita!”.
Shabbath shalom
Israel Eliahu