Albrecht Dürer: Il lebbroso, 1513
ORARI DI SIRACUSA
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PARASHAH METZORAʽ: Vayqrà 14 - 15
HAFTARAH: Melakhim II 7: 1-20; 13: 23
Shalom a tutti.
Le ultime due parashot, Tazrìà῾ e Metzorà῾, contengono prescrizioni per la purità e la qedushah. Si tratta della impurità della donna dopo il parto, della
lebbra e dei suoi riti di purificazione, della lebbra della casa. Il
termine tzara῾at, che si traduce impropriamente lebbra, ha evidentemente
una estensione semantica vasta e si può riferire a malattie della pelle e
comunque contagiose. Quello che ci preme approfondire è propriamente il
concetto di purità; non ci troviamo di fronte a prescrizioni solo di
carattere igienico e sanitario, anche se questa valenza è comunque
evidente. Né è sufficiente considerare queste malattie e queste
condizioni come metafore di stati di impurità
spirituale come hanno fatto alcuni commentatori. In particolare
un testo di Rav Riccardo Pacifici, in Discorsi sulla Torah, il quale
scrive: “Anzi qui non si tratta, come a prima vista
potrebbe sembrare, di infezioni fisiche o di malattie del corpo. Queste
non sono probabilmente altro che i simboli di malattie morali e in ogni
caso la genesi, lo sviluppo, la guarigione della malattia fisica è
considerata in stretto rapporto con la vita spirituale”. Il fatto che
l’intermediario per la guarigione fosse un sacerdote, secondo Rav
Pacifici conferma questa considerazione per la quale siamo in un
ambiente semanticamente denso e osmotico, tessuto fra malattia del corpo
e malattia dello spirito. Scrive ancora Rav Pacifici: “Una riprova
evidente di questa tendenza si ha in un detto talmudico ove si dice che
molte di queste piaghe provengono da colpe di carattere sociale, prima
fra queste la maldicenza, lashon hara῾, e che una
delle sanzioni più frequenti a questa grave colpa sociale sia appunto
la lebbra”.
Ricordiamo
questo enunciato: “Vi sforzerete di essere Santi e sarete Santi poiché
Io sono il Signore vostro D-o. Osserverete i miei decreti e li metterete
in pratica. Io sono il Signore che vi Santifica (Levitico 20:7-8).
Secondo alcuni col termine decreti si intendono le leggi non
comprensibili in termini strettamente razionali.
Cominciamo
subito col dire che il concetto di purità, Tahorà, e quello di impurità
Tumà, nell’ebraismo non corrispondono a quello di buono e di cattivo,
ma fanno riferimento ad una condizione di sacralità che consente di
accedere al Santuario.
Tutte
le regole e i precetti di riferimento li troviamo nell’ordine Tahorot
della Mishnah e quindi nella decima parte del Mishneh Torah di Maimonide.
In quel compendio dell’opera maimonidea che è “La guida dei perplessi” Maimonide parte
dall’assunto di natura psicologica che la frequentazione ordinaria del
Santuario ne svilirebbe il grande senso religioso e che non è
raccomandabile entrarvi in ogni momento. Secondo Maimonide, D-o vietò
agli impuri di entrare nel Santuario: “… benché ci siano molte specie di
impurità al punto che tu quasi non trovi una persona pura”, dimostrando
la quasi impossibilità di non incorrere in un atto di impurità durante
la giornata, e conclude dicendo: “... ebbene tutto questo è un motivo
per star lontano dal Santuario e non andarci
in ogni momento … nessun uomo può entrare nel cortile del Tempio per il
culto, foss’anche puro, finché non ha fatto le abluzioni”. Queste
abluzioni rituali erano prescritte anche al Cohen haGadol e risulta
evidente come non si trattasse di prescrizione igieniche ma di una
prassi che consentiva un cambiamento di stato, una separazione fra due
condizioni spirituali diverse. Prosegue Maimonide con questi enunciati:
“I risultati di queste prescrizioni 1) Tenere lontano dalle
contaminazioni, 2) Proteggere il Santuario, 3) Mantenere ciò che è
diffuso ed usuale, 4) Alleggerire queste difficoltà, così che l’uomo non
sia impedito dalla questione della purità e impurità a svolgere le sue
occupazioni giacché questa questione della purità e impurità non
riguarda altro che il Santo e le cose sante”.
Da
questo risulta evidente come le prescrizioni che riguardano la puerpera
e la donna mestruata non sono certo quarantene di natura sanitaria e
tanto meno sociale. Lo stesso Maimonide ribadisce come la lebbra sia,
già confermato dai Sapienti, una punizione per il turpiloquio. E ancora
afferma di non saper spiegare alcune prassi cultuali e rituali che
presiedono agli atti di purificazione come la vexata quaestio della
vacca rossa o del rituale di purificazione con rami di issopo, legno di
cedro e sangue già esaminati in un precedente approfondimento.
Cito dal volumetto La purità nella famiglia ebraica, a cura di Adina
Cohen e Simy Elmaleh: “A differenza di alcune altre religioni
l’Ebraismo non condanna la vita del corpo alla vergogna o alla
repressione, ma al contrario la nostra Torah vuole elevare e dare forma
nobile a tutto ciò che potrebbe avere un aspetto animale nella vita e
portarlo così ad un livello spirituale più vicino al divino. Per questo,
ad esempio, l’alimentazione che è sottoposta alle leggi della
kasheruth, è preceduta e seguita da benedizioni, affinché
l’uomo ritrovi D-o nei più piccoli atti della sua vita. Allo stesso modo
il matrimonio, i rapporti fra i coniugi, sono sottoposti a leggi il cui
scopo evidente è quello di elevare ad un livello più spirituale tutto
ciò che potrebbe, al contrario, mettere in
evidenza la somiglianza fra l’uomo e l’animale”.
Va
da sé che molte delle regole di purità che scandivano la vita
quotidiana ai tempi del Bet haMikdash oggi non siamo più tenuti ad
osservarle, ma molte di queste sono da mantenere ogni volta che ci si
avvicina al culto o si entra in Sinagoga. Pensate alla Tevilah che la
donna deve compiere dopo sette giorni dalla cessazione del ciclo. Non
c’è nessuna pratica igienica che la può sostituire perché è un atto di
consacrazione, una legge divina.
Quindi
questo concetto di purificazione non attiene alla sfera igienico-salutista né a quella morale, il periodo che segue la niddah non ha
certo il valore di un esilio per una colpa né quello successivo al parto,
dato che è l'esplicitazione di uno dei principi dell’Ebraismo.
Si fa riferimento al raggiungimento di un valore metafisico, di recupero di una corruzione dello stato di Qedushah.
Secondo
un concetto mutuato da studi antropologici, in molte culture è impuro
non solo ciò che lo è per sé stesso ma ciò che è anche veicolo di
contaminazione. Il soggetto terzo può essere alterato e diventare esso
stesso impuro. Se questo risulta meno comprensibile quando ci riferiamo alla
niddah, troviamo però nel Sefer ha zohar libro III: “Quando un uomo
tocca una donna mestruata il suo peccato risveglia il serpente superno e
arreca impurità in un luogo dove non si dovrebbe”.
Difficile ricondurre la stratificazione simbolica e allegorica sul mestruo a razionali letture, quando ad esempio Yosef Caro (1488-1575) nel Sefer toledot Yishaq paragona
l’impurità di Israele a quella della mestruata e non a quella
arrecata da un cadavere. “Mentre infatti un Sacerdote non può entrare
nella casa in cui vi sia un cadavere, gli è lecito entrare ove si trovi
una donna durante il ciclo e dimorare con lei. Allo stesso modo il Santo
Benedetto fa aleggiare la propria Shekinah sugli Ebrei sebbene essi
siano impuri”.
Forse
è più semplice comprendere il senso di questa impurità da condivisione o «contagio» se ci riferiamo a culti idolatri frequenti fra i
fenici che celebravano con sangue il culto alle divinità.
Tuttavia
non possiamo non comprender come in caso di malattie della pelle od
altre che indichiamo sotto il nome generico di lebbra, il problema del
contagio fosse un rischio concreto.
Per questo altri commentatori indulgono anche ad accettare determinate consuetudini come prevenzione di contagi per malattie epidemiche. Isacco Segre nel 1897 in “L’igiene nella Bibbia e nei libri rabbinici” edito in anastatica da Carucci nel 1980, legge le prescrizioni del Levitico anche come regole di profilassi sanitaria. In una silloge alla fine del primo paragrafo della parte terza Segre scrive: “Le misure profilattiche prescritte dal Sommo Legislatore per le malattie come lebbra e gonorrea ed altre ritenute contagiose e diffusibili si riassumono nelle seguenti:
a) Visita accurata e diligente da parte dei sacerdoti, degli individui sospetti di malattie diffusibili
Per questo altri commentatori indulgono anche ad accettare determinate consuetudini come prevenzione di contagi per malattie epidemiche. Isacco Segre nel 1897 in “L’igiene nella Bibbia e nei libri rabbinici” edito in anastatica da Carucci nel 1980, legge le prescrizioni del Levitico anche come regole di profilassi sanitaria. In una silloge alla fine del primo paragrafo della parte terza Segre scrive: “Le misure profilattiche prescritte dal Sommo Legislatore per le malattie come lebbra e gonorrea ed altre ritenute contagiose e diffusibili si riassumono nelle seguenti:
a) Visita accurata e diligente da parte dei sacerdoti, degli individui sospetti di malattie diffusibili
b) Loro isolamento in località appartata per la durata di alcuni giorni
c)
Abluzioni frequenti e ripetute delle loro persone in acqua viva, nella
quale talora s’aggiungeva della cenere, che per la soda di cui è
costituita, giovava ad una maggior nettezza della persona.
In
questa sede non posso riassumere il volumetto. Ma non si può fare a
meno di compiacersi che il buon senso dei nostri Padri trova conferma
nelle più elementari e moderne argomentazioni salutiste e ricordate: “I
sospiri distruggono la vita dell’uomo; la vita dei melanconici, degli
iracondi, dei mesti non si chiama vita!”.
Shabbath shalom
Israel Eliahu
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