giovedì 20 marzo 2014

SHABBATH 20 ADAR S. 5774 / 21-22 MARZO 2014 - SHEMINÌ - SHABBATH PARAH



ORARI DI SIRACUSA
ore 17.53 - 18.51
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PARASHAH SHEMINÌ: Vayqra 9 - 11 
HAFTARAH SHABBATH PARAH: Yechezqiel 36:16-38

Shalom a tutti.
Il prossimo è Shabbath Parah, Parah Adumah, la Vacca Rossa.
Questo Shabbath che segue quello di Purim, Shabbat Zachor, segna l’inizio formale dei preparativi spirituali e non, che conducono a Pesach.
Si legge sul secondo Sefer una porzione della Parashah Chuccath, Numeri 19:1-22.
La Haftarah è una lettura da Yechezqiel 36:16-38.
Se guardate nella Torah della edizione Giuntina, una nota suggerisce che il legame fra la Haftarah e la porzione della Parashah Chuccath consista nel fatto che la prima tratta di purificazione spirituale, la seconda di purificazione del corpo dopo aver toccato un cadavere, col rito della Parah Adumah.
Vi ricordo che dopo il decesso i nostri avi non consideravano un corpo ma un cadavere ciò che restava dall’abbandono della vita e che l’anima veniva col corpo restituita al mistero.
Ed un mistero è il rituale della Vacca Rossa, dacché al termine del rito chi era impuro non lo è più e chi ha eseguito il rito lo diventa, seppur temporaneamente.
Questo precetto che D-o ci ha dato è incomprensibile, lo fu allo stesso Moshè. Rientra in quella categoria di precetti che definiamo Chuqim, precetti che appaiono ai miseri nostri occhi come sovrarazionali, paradossi che la nostra mente coglie come tali e che ben sappiamo non essere, poiché leggi del Signore; le cose misteriose che appartengono a D-o e che trascendono la nostra possibilità di intendere.
Tuttavia questo può aiutarci a cogliere la relazione con la derashah ordinaria di questo Shabbat: Sheminì. In entrambe le letture ci troviamo di fronte alla più insondabile delle esperienze umane: la morte. Quello che noi accettiamo biologicamente ma che sfugge al contenimento in ambiti razionali, quando affrontiamo il problema in termini spirituali od escatologici. Un mistero insondabile di cui invece riusciamo a cogliere il senso della chimica e della fisica. Ma lo sgomento davanti alla morte è profondo, ci costringe ad investigare quello che è ignoto perché appartiene ad un futuro insondabile. Eppure anche la nostra vita segue un vettore temporale insondabile. Ma della morte, ci dice Qohelet, nessuno può parlare poiché nessuno è mai tornato. Eppure sappiamo che l’Adamo primigenio era stato creato senza che dovesse conoscere la morte. A noi è rimasta l’anima, permeata di divino che si libera dal corpo.
Così nella Parashah Sheminì ci troviamo di fronte alla misteriosa morte dei figli di Aharon, colpevoli di aver introdotto un fuoco estraneo, probabilmente per non aver bruciato gli incensi composti secondo la prescrizione divina. Anche in questo caso siamo di fronte ad un mistero insondabile, poiché i cadaveri dei due fratelli vengono poi raccolti.
E Aharon tacque poiché di ciò di cui non si può parlare si deve tacere (celeberrimo aforisma Wittgensteiniano).
“Chiunque indaga quattro cose, meglio per lui se non fosse venuto al mondo: ciò che è sopra, ciò che è sotto, ciò che è davanti, ciò che è dietro” (Mishnah, Hagigah II).
 
Shabbath shalom
Israel Eliahu

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