Dennis Bacchus: Havdalah
ORARI DI SIRACUSA
Accensione ore 19.30
Havdalah 20.40
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PARASHAH BEMIDBAR: Bemidbar 1,1 - 4,20
HAVDALAH: Hoshea‛ 2, 1-22
Shalom a tutti.
Questo Shabbat in Bemidbar 3,11-13 leggeremo:
“Il
Signore parlò a Moshè dicendo così: Ecco, ti ho preso i Leviti di mezzo
ai figli di Israele in cambio di ogni primogenito (Bekhor) che apre la
matrice tra i figli di Israele. I Leviti saranno miei perché è mio ogni
primogenito; dal giorno in cui colpii ogni primogenito nella terra
d’Egitto, consacrai a Me ogni primogenito in Israele; da uomo a bestia
apparterranno a Me, a Me che sono il Signore”.
I
Leviti, discendenti di Aharon, erano gli unici rimasti fedeli a Moshè
durante l’assenza di 40 giorni sul Sinai e non avevano partecipato alla
fusione idolatra del vitello d’oro. Per questo motivo D-o tolse ai
Bekhorim la prerogativa sacerdotale destinando ad essa i Leviti.
Fin
dall’antichità ed anche nelle antiche civiltà semitiche, il primogenito
era stato considerato una figura sacrale, matrice e simbolo di ogni
successione dinastica, depositario di ogni eredità familiare, portatore
di qualità sovrannaturali e magiche che potevano intervenire sulle
dinamiche della storia, nelle malattie, nella sterilità, proprio in
virtù di essere testimonianza vivente del principio di fertilità.
Poiché
si riteneva che potesse intercedere anche con le forze delle tenebre,
della vita altrove, e che potesse intercedere per la salvezza dei
viventi nel regno dei morti, in alcuni riti di antiche civiltà veniva
immolato agli dei; in alcuni riti religiosi e tribali ancora oggi
sopravvive il costume di passare fra le fiamme il bambino in memoria
ancestrale di questi olocausti.
Non certo nella tradizione Ebraica.
Il Bekhor prima della nominazione dei Leviti, aveva riconosciuti secondo i dettami della Torah ruoli di responsabilità familiare
e soprattutto quello di esercitare il compito sacerdotale, poiché è
scritto: “Il primogenito dei tuoi figli darai a me” (Shemot 22, 28)
dunque proprietà del Signore. Questo ruolo comportava responsabilità e
veniva corrisposto con una eredità doppia rispetto ai fratelli. Il
patrimonio paterno, che era quello familiare, non doveva correre il
rischio di passare in mano di estranei per cui la normativa di
successione era molto rigida. Doveva essere diviso tra i figli maschi
legittimi, o fra le figlie in mancanza di quelli e successivamente ai
fratelli paterni. La necessità era quella di non frazionare per quanto
possibile il patrimonio familiare e comunque di destinare a
chi avesse assunto più potere, come il Bekhor, in quanto depositario
delle tradizioni familiari e presumibilmente colui che partecipava al
consiglio degli anziani, la maggior consistenza dell’eredità.
Tuttavia
è necessario che ci soffermiamo su un aspetto: quello della reale
anteriorità della primogenitura. Questo perché in molti casi la
primogenitura non sembra dipendere da questo, ma anche da una sorta di
designazione da parte del padre il quale poteva
prediligere od escludere un figlio al momento della consacrazione con
una berakhà. Se consideriamo i compiti che spettavano al Bekhor risulta
evidente come questa facoltà paterna avesse il senso di una investitura
di merito, una primogenitura come diritto morale.
Questa
facoltà veniva anche considerata pericolosa se mal gestita, soprattutto
per i figli di madri diverse e nel caso che una di queste potesse avere
maggior influenza sul padre.
I casi comunque sono celebri, si pensi ad ‛Esav
e a Ja‛akov. Al di là della storia giustificativa dell’inganno è
evidente che chi cede questo diritto di sacralità per un po’ di cibo
eticamente non può essere destinato a compiti di responsabilità, ma
dietro questo si potrebbe anche celare una consapevole scelta su un
figlio ritenuto più equilibrato, meno impulsivo, più disposto al ruolo
sacerdotale; altrimenti il Signore avrebbe certo impedito l’inganno. Si
pensi anche a Joseph e al suo ruolo nella storia di Israele, e
soprattutto ai suoi figli Efraim e Menashè: In Bereshit 48, 16-22 Joseph vede che il vecchio padre pone la destra sul capo di e Efraim per l'investitura
spirituale, così Joseph “ne fu spiacente e la sollevò per trasferirla
dal capo di Efraim a quello di Menashè. E disse a suo padre - Non così,
Padre mio; questo essendo il primogenito poni la destra sul suo capo. -
Ma il padre rifiutò e disse - Lo so, figlio mio, lo so, anch’egli
diverrà un popolo, anch’egli sarà grande, ma il suo fratello minore sarà
più grande di lui e la sua discendenza costituirà una moltitudine di
genti”. -
La prefigurazione profetica di Ja‛akov, in questo caso, interrompe il diritto di successione naturale del Bekhor.
Dopo
la dominazione sacerdotale dei Leviti, caduta l’investitura
sacerdotale, resta comunque quella della responsabilità familiare e il
dovere del riscatto del primogenito, come è scritto “Riscatterai il
primogenito dell’uomo” (Vajkrà 18, 15). Questo è un precetto che deve
compiere il padre. Bisogna riscattare da un Cohen poiché il figlio è
considerato di proprietà del Signore.
Questo
rito che si chiama Pidion è fondamentale nell’ebraismo anche perché
conserva un alto valore educativo e di limite di un potere familiare
unicamente concentrato su una persona.
Dunque
siamo di fronte ad una mitzvah affermativa, un precetto, un obbligo,
che vale in ogni tempo e in ogni luogo in Eretz Israel e in galut.
La
cifra stabilita era quella di 5 selaim d’argento che oggi viene
computata in valuta corrispondente o in valori congruenti ad eccezione
di terreni e cambiali.
Il Pidiòn si esegue prima che siano trascorsi 30 giorni dalla nascita, mai di Shabbat o Yom Tov.
Vi riporto dal Kitzur Shulchan ‛Aruch la procedura:
Il
padre condurrà con sé il figlio dinanzi al kohen e lo informerà che è
primogenito da parte di madre ebrea, gli consegnerà l’argento o
l’equivalente di cinque selaim, che depositerà davanti al kohen, facendo
questa dichiarazione: ze benì bechorì – questo è mio figlio
primogenito.
Poi
lo deporrà dinanzi al kohen e questi gli domanderà ma Hi beEth tefè –
che cosa preferisci e lui gli risponderà chafetz anì lifdòt et benì – io
desidero riscattare mio figlio. Mentre il padre continua a tenere in
mano le monete, prima di consegnarle al kohen pronuncerà la benedizione …
àl pidiòn haBen – … che ci ha prescritto il riscatto del figlio e reciterà anche la
benedizione SheHecheyànu consegnando immediatamente le monete al kohen.
Quest’ultimo prenderà l’argento e lo porrà, tenendolo in mano, sopra la
testa del bambino e dirà … ze tàchat ze … – questo è al posto di questo
… In seguito il padre metterà la mano sul capo del bambino e lo
benedirà dicendo yesimchà Elohim … che D-o ti faccia divenire come
Efraim e come Menashè (Bereshit 48,20)
yevarecheca Hashem veYshmerècha, Che il Signore ti benedica e ti
protegga (Vaykrà 6,24-26) ki òrech yamim uShnot chayim – lunghi giorni e anni di vita (Proverbi 3,2) Hashem yishmorchà miColrà … Il Signore ti protegga da ogni male (Salmi 121,7).
Poi il Kohen dirà la berakhà su un bicchiere di vino.
Dunque
non dobbiamo considerare certo il Pidion come una eredità del passato
ma come una fonte viva di sacralità, un cambiamento nella confermazione
di un privilegio e di un onere. Una mitzvah importante per il suo alto
valore simbolico, un altro berit col Signore.
La Torah non è particolarmente esplicita riguardo alla sacralità del Bekhor.
Penso
che il fatto che molti commentatori si siano espressi sull’argomento
riveli qualche risvolto criptico. La sacralità dei Bekhorim ricondotta
all’episodio della morte dei primogeniti egiziani è fuor di dubbio, lo
dice D-o stesso nella Torah. Il fatto di colpire i primogeniti egiziani
deve necessariamente essere relazionato al fatto che per gli Egiziani
stessi i primogeniti avessero un valore sacrale. Perché scegliere loro e
non altri? E se azzardassimo che forse sarebbe opportuno parlare di salvezza e non di uccisione? Se D-o piange sui suoi figli egiziani che annegano tra i flutti perché non avrebbe dovuto piangere per i loro figli primogeniti?
Noi non sappiamo qual è il senso della vita e della morte nella mente
di D-o, ma a volte non riconosciamo nemmeno il Suo senso della pietà e
della salvezza degli innocenti.
Shabbat shalom veHag Shavu’ot sameach
Israel Eliahu
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