mercoledì 30 ottobre 2013

SHABBATH 29 CHESHVAN 5774 / 1-2 NOVEMBRE 2013 - TOLDOTH

Albert Benaroya: Sinagoga


ORARI DI SIRACUSA
Accensione  ore  16.43
Havdalah           17.41
Per le altre località vedi  Q U I

PARASHAH TOLEDOT: Bereshith 25,19 - 28,9
HAFTARAH: Malakhi 1 - 2,7 
Shalom a tutti. Non sempre i comportamenti dei nostri Padri, così come narrati nella Torah, sembrano corrispondere a quei dettati che l’etica ebraica definisce così chiaramente. Anzi, in alcune occasioni ci hanno lasciati interdetti perché, anche se non decontestualizzati, ci lasciano, quantomeno, nel dubbio che possano trovare una giustificazione plausibile al nostro comune sentimento. È il caso di Avraham Avinu che rinnega la moglie Sarah, oppure Sarah che manda nel deserto Agar con il figlioletto, verso la morte, come si mandava il capro ad Azazel. E che dire di Lot che offre in pasto le figlie ai violenti appetiti dei sodomiti. Si potrà obiettare che la società dell’epoca vincolava i comportamenti ad una sensibilità e a prassi sociali oggi non sempre condivisibili. Si potrà dire che fra i mali si è scelto sempre il minore, ma bisognava che lo scegliessero gli interessati esposti al rischio della violenza e della morte! Oltre il dettato Toraico i midrashim hanno sempre cercato di correggere il dubbio e la perplessità arricchendo la narrazione con apparati giustificativi, per la verità non sempre convincenti. Si potrà dire che se così non fosse stato la storia sarebbe andata diversamente, Ruth era una discendente di Lot e senza Ruth non ci sarebbe stato Re David e senza David il Mashiach. Così se le figlie di Lot non avessero dato la discendenza al padre...
Oltre il racconto riesce complesso immaginare il tutto come disegno Divino, meglio lasciare al libero arbitrio umano la viltà di alcuni comportamenti.
Però a ben pensare ci sentiamo più vicini a queste figure umanizzate, non ci appaiono come rigidi totem di santità, ma come persone che mettevano in gioco i propri sentimenti e le proprie debolezze proprio come facciamo noi ogni giorno.
Poi si dirà che ancora il popolo ebraico non aveva ricevuto le dieci parole, dunque non aveva un riferimento etico codificato, ma qualche a priori dell’intelletto, almeno a livello di allarme biologico, avrebbero potuto averlo; insomma, a volte i commentatori si sono dovuti arrampicare sugli specchi per farci accettare alcuni comportamenti, e spesso ricorrendo a midrashim ingenui e fantasiosi.
Prendiamo il caso di Esaù e Giacobbe. Certo avviene qualcosa di strano e di sovversivo, tanto da mutare la legge antica della primogenitura. Di chi è la responsabilità dell’inganno perpetrato ai danni di Isacco. Il disegno pare in tutta evidenza della madre dei due gemelli, Rebecca, la quale non nasconde certo la sua simpatia per Giacobbe, ma il motivo è secondo Rashi alquanto curioso. Pare che il destino di Esaù fosse già segnato nella vita prenatale. Infatti nel liquido amniotico in cui era immerso Esaù si agitava solo vicino a templi di idolatri mentre Giacobbe dava segno di sé solo presso a yeshivoth e case di studio. Povero Esaù, vero è che la prima responsabilità del baratto infame fu la sua, ma le motivazioni che gli hanno addossato per giustificare i suoi comportamenti sono davvero feroci. Vi cito da Wiesel “Rabbi Yochanan disse: Nel giorno in cui Esaù comprò il piatto di lenticchie commise cinque peccati: violentò una ragazza che era già fidanzata ad un altro, uccise un uomo, negò l’esistenza di D-o, si fece beffe della resurrezione dei morti e rinunciò alla primogenitura”.
Ora ditemi qual è la fonte di tanta informazione riguardo alla giornata di Esaù. È evidente l’intenzione di dare discredito al poveraccio.
Non vi racconto il resto ma vi rimando al testo di Eli Wiesel: Le storie dei saggi editore Garzanti.
Vedrete che i nostri progenitori assumeranno, dopo questa lettura, un’aura meno austera, meno distaccata dalla nostra umanità a volte dolorosa, a volte blasfema, e saranno arricchiti da quella dimensione della quotidiana lotta che ci dona l'umiltà e la saggezza degli anni.
Shabbath shalom
Israel Eliahu

giovedì 24 ottobre 2013

SHABBATH 22 CHESHVAN 5774 / 25-26 OTTOBRE 2013 - CHAYEI SARAH

Jozef Israëls: Matrimonio ebraico


ORARI DI SIRACUSA
Accensione  ore  17.51
Havdalah           16.48
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PARASHAH: Bereshith 23,1 - 25,18
HAFTARAH: Melachim I, 1,1-34

Shalom a tutti.
Il tema che vorrei sottoporvi come argomento di approfondimento e di dibattito è quello dell'istituzione del matrimonio ai tempi dell'antico Israele, inteso sia come fenomeno sociale che come istituzione giuridica regolata da un'etica anche religiosa.
Possiamo distinguere tre modi, nell'antichità, di "prendere" una donna.
1) Si prendeva una donna come prostituta, kezonà.
2) Si prendeva una donna come prigioniera , se ne faceva una "schiava", come bottino di guerra.
3) Si prendeva una donna come moglie.
Vedremo successivamente come nell'episodio di Dina e i Sichemiti verranno espresse queste condizioni come paradigmatiche.
Nella letteratura babilonese troviamo questo frammento:
"Non onorare una schiava nella tua casa, non comandi nella tua stanza da letto come una moglie. Non prendere in moglie una prostituta i cui uomini sono legione..."
Un passo dello Pseudo-Demostene cita: "Noi usiamo le prostitute per il piacere, le schiave per la cura giornaliera del corpo, le mogli per generare figli legittimi e avere una fedele custode della casa".
Noi ci occupiamo del matrimonio Israelitico.
L'istituzione del matrimonio nel mondo biblico risponde a un procedimento non solo di costume socio religioso ma anche giuridico, una prassi che regola l'attuazione di norme per la produzione di effetti giuridici.
Nel caso della narrazione della nostra parashah viene esemplificata questa prassi.
Il servo di Avraham, probabilmente Eliʽezer ma il testo non lo nomina, viene inviato a cercare una moglie per Ytzchaq e si presenta nella casa della sposa designata. Questa fase viene definita incoativa. L'avente potestà su Ytzchaq, o chi per lui, chiede a chi ha potestà sulla desiderata moglie (ma potrebbe essere alla ragazza stessa, sub iuris) e, avutone il consenso, stipula un contratto matrimoniale. Nel giudaismo rabbinico tale fase viene chiamata qiddusin cioè consacrazione o erusin, termine generalmente tradotto con sposalizio o meglio diremmo contratto matrimoniale. Si intenda che senza questa prima fase anche se vi fosse stata una relazione sessuale il rapporto non verrebbe considerato coniugio. Mentre da questo momento in poi, una volta stipulato il contratto, anche in assenza di relazioni carnali, la "sposa" è giuridicamente sua moglie. Da questo momento, dopo il contratto, si acquisisce il diritto a "prendere" la donna. Con questa prima fase vengono messi in atto alcuni dei diritti e doveri fondamentali  del matrimonio.
Senza entrare troppo nei dettagli giuridici dell'atto formale ricordiamo che l'oggetto primario è lo statuto personale dei due contraenti, dunque conoscenza dello stato degli sposi. Prima delle nozze, anche se rimane presso la casa paterna -vedremo più avanti i sette anni che Giacobbe aspetterà per "prendere" Rachel- la sposa è tenuta alla fedeltà.
Altro oggetto è la definizione della dote, il regime patrimoniale. Verifica della solidità patrimoniale del pretendente, per verificare l'effettivo venire in essere in futuro dell'unione coniugale.
Questo capitale, mohar, deve anche servire come cauzione nel caso per qualsiasi motivo si dovesse venir meno all'impegno del matrimonio.
Definizione anche del patrimonio che spetterà alla sposa alla morte del padre, la dote. Insomma ci si accorda su quanto porterà lo sposo, cioè il mohar, e quanto porterà la sposa, i silluhim.
I testi biblici sono categorici. Senza mohar lo sposalizio non è posto in essere. Questo non è irrilevante anche su un piano strettamente pratico e non solo giuridico. I beni, cioè la dote e il mohar, apparterranno alla donna una volta divenuta moglie. Coloro che assegnano dote e mohar costruiscono la base economica che mette al sicuro la donna dagli incerti cui può andare incontro in caso di divorzio o morte dello sposo; dunque una tutela sociale, una previdenza ante litteram. La donna che diviene sposa acquista giuridicamente uno status nuovo con nuovi diritti e nuovi doveri. Vi ricordo che ancora oggi si prepara un contratto matrimoniale scritto, la ketubah, siglato da garanti e testimoni, dove vengono esplicitate tutte le prescrizioni di cui si è trattato finora. Questo documento ha valore giuridico ed assoluto.
La seconda fase del procedimento matrimoniale o fase completiva sono le nozze.
Ovvero il tempo della piena esecuzione del procedimento matrimoniale. Le cerimonie e i festeggiamenti, l'uscita della sposa dalla casa paterna , la benedizione del padre, la conduzione della sposa nella casa dello sposo e l'inizio vero e proprio della coabitazione. Si dà adempimento agli impegni presi con lo sposalizio e viene posto in essere il coniugio. Che dire... Mazel tov!!!
Shabbath shalom
Israel Eliahu
 
Nella cultura ebraica  il sensale di matrimonio, lo shadkhen nel mondo yddish è una figura paradigmatica.
Uno shadkhen vuole convincere un amico a sposarsi poiché si ostina a non volersi maritare.
"Ascolta Yanchele, ho la donna che fa per te, te ne innamorerai a prima vista."
"Non voglio sposarmi!!"
" Non dirlo neanche per scherzo. Sei o non sei un buon ebreo? Lo sai che il matrimonio è una mitzvah!? Pensa, sei solo senza nessuno con cui parlare. Immagina invece la sera quando torni a casa stanco dal lavoro lei ti racconta tutto quello che ha fatto durante la giornata. Poi passate la sera chiacchierando. Il venerdì sera lei accende i lumi e ti parla di quello che ha preparato, della tavola apparecchiata per la festa vi sedete a tavola e lei parla, parla e racconta, ach, quanto parla questa ragazza! Mi sta facendo diventare pazzo, fai bene a non sposarti Yanchele!!"

venerdì 18 ottobre 2013

SHABBATH 15 CHESHVAN 5774 / 18-19 OTTOBRE 2013 - V A Y E R A

John Martin: Distruzione di Sodoma e Gomorra

ORARI DI SIRACUSA

Accensione  ore  18.00

Havdalah           18.56
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PARASHAH VAYERA: Bereshith 18 - 22
HAFTARAH: Melakhim II, 4,1-37

Shalom a tutti.
All'inizio della nostra Parashah (Ber. 18,6-8) Avraham comanda a Sarah di offrire ai tre ospiti un abbondante pasto: focacce, un vitello arrostito, crema e latte. 
Dunque Avraham offre a quelli che sapremo poi essere angeli un insieme di cibi che sono assolutamente vietati dalla kasherut, le regole dell'alimentazione ebraica.

La spiegazione che si dà generalmente è semplice, D-o non ha ancora dato le regole della Kasherut e comunque non era pensabile di far accettare a popolazioni nomadi e semplici un insieme così complesso di regole se non in modo progressivo.

L'interdizione del cucinare il capretto nel latte della madre compare tre volte nella Torah, ma in momenti successivi. Due volte in Shemoth 23,19 e 34,26 e una volta in Deuteronomio 14,21.

I nostri maestri dicono che compare tre volte per tre casi distinti:
1) Mangiare carne e latte insieme;

2) Cuocere insieme latte e carne anche senza mangiarne, come potrebbe essere il caso dell'offerta di cibo nella nostra Parashah, Avraham non sa chi ha di fronte e lui stesso potrebbe non mangiare;

3) Averne giovamento o profitto, per esempio vendendo o dando in pasto agli animali carne e latte (dunque facciamo attenzione perché nel cibo per i nostri animali domestici potrebbero esserci farine lattee, cfr. Riccardo di Segni: Guida alle regole alimentari ebraiche).
Nella Torah il divieto è riferito solo a capretto cucinato nel latte materno. L'estensione a tutti i tipi di carne e alla commistione anche in tempi successivi di ingestione è successiva, fa parte della Torah orale o comunque di interpretazioni rabbiniche talmudiche.

Non sussistendo motivazioni di carattere igienico o salutista, Rav Di Segni ritiene che sia una di quelle regole per le quali non esiste una spiegazione razionale.

Tuttavia altri commentatori insistono su motivazioni giustificative.

Simbolicamente potrebbe rimandare al tabù dell'incesto.

Nella Torah, secondo il gzerah shawah ovvero il criterio di analogia (uno dei criteri ermeneutici stabiliti da Rabbi Ishmael nella Mekiltà) vengono proibite in vario modo le mescolanze di specie differenti, vedi ad esempio gli innesti, gli animali per l'aratura (bue ed asino, uno dei due faticherebbe troppo), nei tessuti, ad esempio è vietata la mescolanza di lana e lino.

Da un punto di vista mistico rimanda alla opposizione tra la middàth ha din,

l'attibuto della giustizia simboleggiato dalla carne e la middath ha rachamim

l'attributo della misericordia rappresentato dal latte.

Abrabanel nel suo commento alla Torah scrive che a suo avviso il divieto dovrebbe essere ricondotto ai costumi di alcuni popoli idolatri che cucinavano il capretto nel latte della madre per ingraziarsi le divinità ai tempi del raccolto.

Rabbi Menachem nel suo Tsedà Ladarech riferisce che i gentili utilizzavano questo latte per concimare le sementi e rendere copiosi i frutti. Dunque ci riferiamo a riti magici, ad incantesimi di popoli idolatri e non utilizzare queste pratiche significava anche interrompere qualsiasi possibile contiguità con queste culture.

Maimonide, da medico cercava nel suo Morè Nebuchim di ricondurre il tutto a questioni di salutismo nell'alimentazione ma con motivazioni non convincenti.

Un'ultima osservazione. Ancora la presenza di un pozzo accompagna
l'allontanamento di Hagar, tanto che Lattes lo chiama un leit motiv.

"Allora D-o aprì i suoi occhi ed ella vide un pozzo d' acqua; vi andò, riempì l'otre e diede da bere al fanciullo (Ber. 21,19). Giulio Busi ci dice che l'intervento divino viene espresso col termine pqh che si riferisce all'acquisizione di una consapevolezza interiore. Hagar si accorge di qualcosa che aveva visto ma la cui portata non aveva compreso: il pozzo assume spesso questo carattere di discesa nell'inconscio per arrivare alle proprie risorse interiori.

Giqatilla nel suo Saʽare horah scrive a proposito del versetto "Acque profonde sono i disegni del cuore dell'uomo, ma l'uomo intelligente sa attingerle" (Prov. 20.5): "Nessuna creatura può comprendere il segreto del pensiero se non per mezzo della sefirah dell'intelligenza (binah). La si può paragonare al secchio che scende per raggiungere la profondità del pensiero, mentre colui che attinge rimane all'esterno del pozzo".

Il pozzo diventa quindi il tramite per raggiungere la profondità della coscienza e collega il mondo ipogeo con quello manifesto.

Sarà proprio un pozzo che in età messianica risalirà fino a Yrushala'm per irrigarla.

E in relazione a Ber. 44 quando Yehuda cerca di comprendere le intenzioni di Yosef per indurlo a rivelarsi, il midrash Bereshith Rabbah paragona il tentativo di Yehuda a una lunga corda che attinge acqua al pozzo profondo (cfr. Giulio Busi: Simboli del pensiero Ebraico) fino a raggiungere il cuore del fratello.

Shabbath shalom

Israel Eliahu
 

giovedì 10 ottobre 2013

SHABBATH 8 CHESHVAN 5774 / 11-12 OTTOBRE 2013 - LEKH LEKHA

Gregory Renault: Carovana di dromedari

ORARI DI SIRACUSA
Accensione  ore  18.09
Havdalah           19.05
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PARASHAH LEKKH LEKHA: Bereshith 12 - 17
HAFTARAH: Yeshaʽyahu 40,25 - 41,17


Shalom a tutti.
"Sia circonciso tra voi ogni maschio... questo sarà il segno del patto tra me e voi; e nel corso delle vostre generazioni saranno circoncisi all'età di otto giorni tutti i maschi tra voi".

Partiamo da qui per cercare di comprendere il valore del berith fra Avraham avinu e il Signore. Ora, se è vero che Avraham aveva novantanove anni quando circoncise il suo prepuzio, che Ismaele ne aveva tredici e gli altri maschi del suo gruppo familiare erano adulti, è evidente che questo patto verrà suggellato dalle generazioni future.
"Ma il mio patto lo stabilirò con Isacco" (Ber. 17,21).
Siamo di fronte ad un caso di Milah operata su adulti, quindi ad un rito di passaggio da una condizione ad un'altra. Se in tempi precedenti si ha notizia di circoncisioni effettuate nel passaggio dalla pubertà all'età adulta, prima del matrimonio, nella milah ebraica c'è un rito di trasformazione, di iniziazione alla Santità, la kedushah che ogni ebreo deve avere in sè, come senso primo dell'appartenenza ad Israele.
"Non appena ricevetti il sigillo del mio Creatore mi apparvero cose grandi e profonde e mi vennero rivelati segreti inattingibili. Compresi la sapienza segreta della Kabbalah e le permutazioni delle sefirot. Vidi i tesori della sapienza e il mio cuore splendette della Torah e del Santo Benedetto".
Con queste parole, nel XVI secolo Selomoh Molko, nato in una famiglia di conversos portoghesi, racconta la sua milah avvenuta in età adulta.
Come si intende, capiamo bene la differenza con i reform, la milah non è certo virtuale; il senso metaforico che troviamo in Dev. 30,6 "Circonciderà il tuo cuore e il cuore della tua discendenza" ha dato poi l'appiglio a Paolo di Tarso per avversare il rito della milah in senso antiebraico.
Dunque dicevamo la milah come rito iniziatico, come «marchio» di appartenenza ad Israele. Il Signore chiede ad ogni ebreo di circoncidere il figlio nell'ottavo giorno. Già Plutarco ricordava che il cordone ombelicale si stacca per lo più al settimo giorno e il settimo giorno è pericoloso per i neonati. Oggi la medicina ha chiarito il senso di questo ottavo giorno rendendo evidenti e chiari i valori delle prescrizioni della Torah.

È proprio all'ottavo giorno che le sostanze coagulanti raggiungono i livelli massimi, superiori a quelli che accompagneranno l'essere umano nella sua vita.
Per queste informazioni di natura medica vi rimando a
Seppure lo stesso Maimonide cerchi di dare motivazioni di carattere fisiologico - Ogni essere, al momento della nascita è debole e molle, come se fosse ancora nel ventre materno. Solo dal settimo giorno.... - tuttavia non è questo l'aspetto che ci interessa. Quello che ci preme sottolineare è l'impronta mistica della milah.
Nel Sepher Yetzirah la circoncisione è considerata la via che collega il microcosmo alle strutture superne del macrocosmo e al sistema delle dieci sephirot.
Nahmanide collega invece la circoncisione a Hochmah, la sefirah della sapienza. 
Nella filosofia mistica medievale viene comunque sempre ricondotta al principio armonico della creazione, come se la milah rappresentasse quell'elemento spirituale che riconduce al principio costruttivo dell'Adam, emblema della perfezione della creazione.
Per approfondire l'argomento vi rimando alla voce Milah del libro di Giulio Busi: Simboli del pensiero ebraico, edito da Einaudi.
Shabbath shalom
Israel Eliahu

lunedì 7 ottobre 2013

SULLA LEGITTIMITÀ GIURIDICA DI ISRAELE: UNA PAGINA DI ALESSANDRO GALANTE GARRONE





Lo Stato d’Israele è sorto, attraverso vicende che tutti sanno, dal proposito di dare una patria agli ebrei sparsi nel mondo. Molti anni prima che Israele nascesse, la connessione del popolo ebraico con la Palestina era già una realtà storica e giuridica. Fu proprio la comunità ebraica in Palestina (Yshuv) a costituire un corpo militare di ebrei che combatté, durante la seconda guerra mondiale, a fianco degli alleati. Questa connessione si era venuta realizzando da alcuni decenni grazie al movimento sionista. Ed ebbe alla fine un pieno riconoscimento giuridico, anche sul piano internazionale. Si riconobbe cioè dagli altri paesi, con atti formali e solenni, che lo Stato d’Israele era il legittimo erede e rappresentante del popolo ebraico, percosso e straziato dal grande olocausto. Questo vincolo di discendenza e di rappresentanza, infatti, oltre ad essere iscritto nell’atto israeliano che diede costituzionalmente il via al nuovo Stato, è sancito in documenti internazionali. Ci basterà ricordare la risoluzione 29 novembre 1947 dell’Assemblea generale dell’ONU, il passo del 24 ottobre 1950 degli Stati Uniti, Gran Bretagna e della Francia, presso il ministro degli esteri Israeliano, perché anche questo paese si unisse ai primi tre nel considerare cessato lo stato di guerra con la Repubblica federale tedesca e infine, e più significativo di ogni altro atto, l’accordo con cui la Germania occidentale si impegnava a dare una riparazione finanziaria a Israele “per gli indicibili crimini perpetrati contro il popolo ebraico durante il regime nazista di terrore”.

Con ciò veniva riconosciuto che Israele era da considerarsi a tutti gli effetti il rappresentante delle vittime della mostruosa ecatombe di milioni di Ebrei. Se dunque c’è uno stato al mondo che più di altri abbia una ragione, non solo morale e storica, ma giuridica, di erigersi a giudice dei misfatti orrendi commessi contro gli Ebrei questo è – anche per riconoscimento formale degli altri Stati e della stessa Germania – lo Stato di Israele.

Da Sei milioni di accusatori, Einaudi, 1961


Alessandro Galante Garrone, Magistrato, antifascista, partigiano, padre fondatore della Repubblica Italiana




giovedì 3 ottobre 2013

SHABBATH 1 CHESHVAN 5774 / 4-5 OTTOBRE 2013 - NOACH



Karla Gudeon: Tiqqun ʽOlam

ORARI DI SIRACUSA
Accensione ore  18.19
Havdalah          19.15
Per le altre località clicca  Q U I

PARASHAH NOACH: Bereshith 6,9 - 11,32
HAFTARAH: Yeshaʽyahu 54,1 - 55,5

Shalom a tutti. 
La lettura di Noach, ci offre, fra altri, due spunti che propongo alla vostra riflessione.

" Tutte le bestie della terra e tutti i volatili del cielo avranno spavento di voi; con tutti gli animali che strisciano sulla terra e con tutti i pesci del mare, sono dati in mano vostra. Ogni essere che è vivo, vi servirà di cibo; come le verdure io vi dò tutto. Non mangiate però carne mentre ha la sua vitalità, il suo sangue (...) Ecco io fermo il mio patto con voi, con la vostra discendenza dopo di voi; e con tutti gli esseri viventi che sono con voi: volatili, animali domestici e selvatici insieme a voi..."

Rashì traduce integrando (in neretto) :

- ...così come ad Adamo avevo concesso di mangiare solo piante vegetali ora a voi ho dato il permesso di mangiare tutto. -

Il Signore coinvolge nello stesso patto, sotto il segno dell'arcobaleno, uomini ed animali, eppure dà agli uomini la possibilità di uccidere animali per cibarsene. Perché?  Perché se l'Adam è vegetariano a questo punto della storia umana D-o acconsente che una sua creatura si cibi di un'altra creatura? Eppure l'evidenza è che D-o ama in egual misura tutte le sue creature, tanto che agli animali viene esteso il diritto al riposo dello shabbat. In Devarim il quarto comandamento cita espressamente gli animali, come il bue e l'asino, partecipi del riposo.

Nel salmo 104 "i leoncelli chiedono a D-o il loro cibo".

Recita Qohelet: "Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa: come muoiono queste muoiono quelli; c'è un solo soffio vitale per tutti".

Ne abbiamo conferma anche nel destino condiviso di perire con l'intera 
umanità sotto il diluvio, proprio come se il peccato umano avesse trascinato con sè anche gli incolpevoli animali.

Dunque gli animali partecipano al progetto divino, hanno una nefesh, l'anima  più connessa al corpo, il principio dei processi biologici, l'intelligenza vitale della conservazione e trasmissione della vita.

Potremmo azzardare allora che l'improvvido uso del discrimine da parte di Adamo ed Eva possa aver trascinato l'intero creato in un percorso doloroso di rigenerazione e di auspicato ritorno all'Adam Kadmon: partorirai con dolore, lavorerai con fatica, ti ciberai di altre creature viventi.

Comunque sia, l'intendimento divino non ci è noto.

Però se il nostro progetto collettivo è quello di tornare alla perfezione originaria dell'Adam prima del peccato, se per questo abbiamo gli strumenti, la Torah, per compiere questo ritorno nella perdita dell'identità individuale per quella di Israele, dobbiamo anche comprendere che in questo percorso dobbiamo abbandonare la pratica di cibarsi di animali e ritornare ad una alimentazione vegetariana.

Naturalmente questo ha indotto gli antropologi e gli storici alle varie supposizioni, non ultima quella di un bizzarro signore che riteneva che l'uomo si fosse evoluto, per quello che riguarda le capacità intellettive, proprio mangiando il cervello di altri ominidi o primati. Però l'argomento pone l'accento sulla questione del divieto divino di cibarsi di parti di animali ancor vivi.

Il divieto di cibarsi del principio vitale, cioè il sangue, è alla base delle molte regole che nella kasherut disciplinano l'alimentazione carnivora. Una parte, perché molte di queste regole non possono essere spiegate tout court con questioni di pertinenza igienico salutista. Non si capirebbe per altro perché allora la Torah non si fosse occupata di tutte le creature del regno vegetale che sono tossiche o velenose. 

Le motivazioni sono tante e stratificate su diversi livelli, da quello religioso rituale, a quello etico a quello funzionale a quello nutrizionale. Dell'argomento se ne sono occupati in molti, basti pensare a Bloch, a Aaron levi, a Wiener, a Reinach, a Zapletal. Noi naturalmente non possiamo in questa sede entrare nel profondo dell'argomento, posso solo invitarvi a riflettere e a documentarvi.


L' altra questione sulla quale vorrei innestare una riflessione è quella di Babel e la confusione delle lingue. - In tutta la terra si parlava un'unica lingua e si usavano le stesse espressioni - Così la nostra parashah. Questa affermazione conferma la teoria monogenistica della lingua: le prime espressioni onomatopeiche che connettono un essere umano al mondo esterno sono comuni a tutto il mondo. Pensate alla m di mamma comune a tutti i ceppi linguistici che rimanda alla suzione del latte materno... la questione è lunga torniamo alla Torah.

Specifico questo perché alcuni commentatori ritengono che in realtà tutte le lingue fossero conosciute in una e tutte comprese prima di Babele e che l'incomprensione fosse dovuta dunque alla privazione di competenze linguistiche e non alla diversificazione. Dal molteplice all'uno. Noi crediamo che in realtà si sia passati da una lingua ad una pluralità di espressioni diverse. Dall'uno al molteplice; sembra una regola questa. Anche in Bereshit il Signore separa l'asciutto, parola espressa al singolare, dalle acque. E quest'unica terra iniziale risponde esattamente alla teoria della deriva dei continenti.

Scusate l'ulteriore divagazione. Comunque dobbiamo chiederci perché il Signore decida di confondere le lingue. Lattes ne fa una lettura bella ed esaustiva e non ci sarebbe certo bisogno di aggiungere altro. La confusione delle lingue serve anche come deterrente per far fallire un progetto di cui si era persa la finalità. Se metaforicamente leggiamo la torre come la via per avvicinarsi alla divinità seguendo un istinto di perfezione, con la verticalizzazione delle opere e del pensiero umano, in sé la cosa parrebbe non avere nulla di negativo. La mistica e l'ascesi servono allo stesso percorso. Tuttavia qui sembra che questa finalità si fosse perduta nella costruzione; che gli uomini, anziché sentirsi essi stessi pietre della elevazione, si servissero di mattoni solo per innalzare un totem del potere umano ficcato nella sacralità del cosmo.

Così D-o decide di cancellare la superbia umana confondendo la lingua, cioè la capacità di intelligere comunicando.

Shabbath shalom

Israel Eliahu