Fra il 1835 e il 1836 Carlo
Cattaneo scrive un saggio sulla questione ebraica. Prende lo spunto da un fatto
di cronaca, un contenzioso fra Svizzera e Francia dovuto al fatto che
cittadini francesi di religione ebraica avevano acquistato un terreno nello stato
di Basilea Campagna; stato nel quale era stata approvata una legge costituzionale
che proibiva agli Ebrei di avere possedimenti. La Francia si richiamò agli
accordi intercorsi fra i due stati che ammettevano il possesso immobiliare dei
suoi cittadini su territorio elvetico. Al di là della querelle, quello che
interessa è la lucida analisi politico economica e in particolare giuridica
rispetto agli accordi internazionali, ma anche al nuovo senso di condivisione
e libertà democratica, che fa Cattaneo.
In particolare, il secondo capitolo che analizza le radici storiche delle
interdizioni che avevano subito nei secoli gli Ebrei serve a comprendere i
meccanismi di esclusione dal tessuto produttivo subito dal popolo di Israele e
il conseguente ricorso all’ambito della gestione del denaro e dell’economia
bancaria, arte nella quale, non a caso, sono invece specialisti gli svizzeri.
Nei successivi capitoli Cattaneo si occupa degli effetti economici delle
interdizioni, mentre l’ultimo capitolo è una difesa appassionata degli Israeliti
dalle solite accuse di avidità ed usura. Scrive Cattaneo “I nostri avi condannavano
l’Ebreo all’usura e al baratto e poi lo maledicevano come usuraio e barattiere”.
Cattaneo conclude con la sua
convinzione che eliminando ogni tipo di
interdizione si otterrebbe una progressiva reintegrazione degli Ebrei nel tessuto
sociale ed economico dal quale erano stati espulsi con l’accusa di essere
dediti al sordido guadagno.
Naturalmente il testo va
riletto con la consapevolezza che quasi due secoli hanno modificato testi e
contesti. L’analisi di Cattaneo risente essa stessa di pregiudizi gravi, in
particolare ignorando che la gran parte della popolazione ebraica europea
viveva in condizioni di estrema povertà, soprattutto nei territori ad est, e l’idea
dell’Ebreo ricco e crapulone era uno dei tanti spettri agitati contro le masse
nei periodi di carestia e miseria. La retorica bolsa dell’ebreo plutocrate
capitalista e artefice del complotto per il dominio del mondo trova anche oggi
i suoi cultori equamente divisi fra destra e sinistra. È la devastante
estensione dell’idea che dalle proprie tenebre, come scriveva Manganelli, non
si riesce a sfuggire.
Vi trascrivo alcune pagine
dall’edizione Feltrinelli del 1962.
Una circostanza assai notevole si è che in
Francia sulla fine del secolo XIII si cominciò ad involgere nelle persecuzioni
anche i banchieri cristiani e massime i Caorsini e gli Italiani. Questi
ultimi, fra le sventure degli Ebrei, avevano tratto a sé la miglior parte del
commercio in Francia. Ma in seguito i loro crediti vennero più volte
appropriati al fisco; le loro persone incarcerate in una notte e i ripostigli
delle loro ricchezze scoperti colla tortura. Sembra quindi che si prendesse di
mira l’usura per sé; e coll’ardor delle crociate s’intepidisse anche l’odio
contro la credenza israelitica. Si erano
aperte le scuole e iniziati gli studj. L’errore che “ogni interesse è usura”
signoreggiava le menti. Ma l’insegnamento delle leggi romane, risurto nelle
università, cominciava a ristabilire la legalità dell’interesse. Quindi si
cercava di conciliare le opinioni estreme con sottili distinzioni di usure
lucratorie e usure compensatorie, di lucro cessante e danno emergente, si
cercava di palliarle con termini fittizj, con vendite simulate, con cambj e
ricambj………………………………………..
Invalse le idee commerciali, ristabilita l’autorità
della legge romana e diminuita naturalmente l’usura per l’abbondanza di
capitali mobili ai quali il sistema feudale impediva di investirsi liberamente
in terre, cessò anche il furor di popolo contro l’usura. I popoli, conosciuto
il valore dei capitali, cominciarono ad aver cari i capitalisti. Gli israeliti
ripullularono in ricchezza e perciò in numero; ma avevano rivali e non furono
più i soli dominatori del commercio universale.
L’odio contro gli Ebrei degenerò piuttosto in
dispregio, sentimento assai lontano dal sangue.
……………………………………………………………………
Nelle tenebre e nella ferocia del medioevo le
popolazioni infelici, irritate dalla miseria, traviate dall’ignoranza
trascorrevano a farsi giustizia degli usuraj col sangue e la rapina. Gli Ebrei
venivano cacciati da paese a paese ma l’amor del lucro diventata l’anima della
loro esistenza li rendeva indomabili. ……………………………………………………………………
Fu allora che si stabilirono universalmente quelle
ignominose esclusioni che da alcuni statuti non sono peranco espunte, benché i
popoli quasi arrossiscano di mostrarne ricordanza.
Esclusi dal diritto di possidenza e talvolta anche dal
diritto di domicilio e di soggiorno; esclusi dalla parentela promiscua, ciò che
non avviene in altre sette; esclusi quindi dalle affezioni intime e dalla
comunione delle cose e dalle eredità; esclusi dagli onori funebri, dalle armi,
dalle magistrature, dagli studj liberali, dal libero studio della propria
legge; esclusi dalle corporazioni fabrili e quindi dall’esercizio delle arti
meccaniche; non potevano abitare sotto un tetto che ospitasse cristiani; severe
leggi interdicevano ai cristiani il sedere a mensa, il giuocare, il domestico
conversare con loro. Non potevano tenere più servi; non servi cristiani perché
era vietato; non servi ebrei perché era
prefisso il numero delle famiglie che avevano diritto di risiedere, e chi non
era membro di una delle suddette famiglie doveva sgomberare; quindi le famiglie
dovevano servirsi da sé. Si volle relegarli
al commercio dei cenci, interdicendo loro quello dei grani e delle altre cose
necessarie alla vita; si vietò ai poverelli soccorsi da loro, di render loro un
segno di rispetto. Erano relegati nella parte più fetida della città, che
chiamossi ghetto, donde non potevano uscire se non in certi giorni e in certe
ore; non potevano confondersi fra la folla nelle vie, perché la legge li
obbligava a portare un segno di ignominia.
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