lunedì 10 dicembre 2012

INVITO ALLA LETTURA: Massimo D'Azeglio, Gli Ebrei sono uomini!



Nel 1848 Massimo D’Azeglio pubblica, per Lemonnier, un libretto dal titolo che fuor di tautologia pare un sorridente e cristiano atto di coscienza. Gli Ebrei sono uomini è il manifesto apologetico dell’allora pontefice Pio IX. D’Azeglio si serve della questione ebraica romana per esaltare il liberalismo e il “modernismo” di Pio IX che prende atto dopo 19 secoli che forse forse non era propriamente cristiano chiudere gli ebrei nei ghetti e farli uscire solo per sfogare la crudeltà del popolino prendendoli a calci. Ed ecco il sovrano della chiesa cattolica che diventa il restauratore del senso religioso della fratellanza universale rendendo liberi gli Ebrei romani.
Al libello il D’Azeglio antepone questo interrogativo sibillino: per quale motivo dobbiamo amare tutti gli uomini del mondo ancorché fossero Turchi, Ebrei ecc. ecc.? Già, perché se lo saranno chiesto dopo 1847 anni. Così il primo capitolo si dilunga nelle giustificazioni etico-religiose sulle quali si fonda la riforma di Mastai Ferretti.
Comunque sia D’Azeglio, nel secondo capitolo, disamina la storia della persecuzione contro gli Ebrei, riconoscendo alle crociate la responsabilità dei grandi massacri contro gli Ebrei. Nel contempo l’autore riconosce i meriti ebraici nei vari campi del sapere, dalla filosofia all'astronomia, dalla medicina alla matematica.
Si ricorda anche della espulsione degli Ebrei del 1492 e di come patirono i ferri dell’inquisizione coloro che si erano convertiti al cristianesimo per fuggire la miseria dell’esilio.
È fuor di dubbio che l’anelito liberale di D’Azeglio gli consente di confrontare la moderna giurisprudenza inglese e francese che dopo la rivoluzione aveva concesso l’emancipazione alle popolazioni ebraiche, riconoscendo nel contempo le responsabilità di pontefici come Paolo IV che chiuse nei ghetti gli Ebrei.
Nel capitolo successivo D’Azeglio disamina le accuse tradizionali mosse agli Ebrei ritenendo che molte delle persecuzioni fossero in realtà mosse dal nobile intento di portare ad abbracciare alla fede cristiana questo popolo dalla dura cervice.
Comunque sia, l’autore non risparmia di addossare le responsabilità a chi avrebbe dovuto assumersele, se non altro per ammettere che forse forse qualche parrino aveva istigato il popolino con le armi della superstizione contro la popolazione ebraica. Poi ricorda l’accusa del sangue e come questa fosse, nei primi secoli dell’era volgare, addossata agli stessi cristiani.
Comunque il senso del tempo e della storia deve rendere merito a questo eroe risorgimentale di aver affrontato coraggiosamente la questione ebraica contro le diffuse opinioni, proprio in ambito cristiano, che gli Ebrei fossero gli assassini di Cristo.
Purtroppo il coraggio di D’Azeglio si impantana in una mielosa e deamicisiana apologia del papa di Senigallia, il papa delle coraggiose riforme liberali in ambito sociale.
Se mai il buon D’Azeglio avesse potuto leggere quello che 40 anni dopo scriveva “La civiltà cattolica” sarebbe certo rabbrividito, ma di questo parleremo in un’altra occasione.


Ecco un breve estratto dell'opera.

L’emancipazione civile degli Israeliti è stata incominciata e sarà immancabilmente compiuta da quel pontefice che ha saputo cogliere e riunire nella sua mano benedetta tutte le palme della virtù e dalla carità evangelica. Pio IX ha confidato ad una commissione l’esame dei giusti reclami e la cura dei modi atti a rendere loro piena giustizia. Primi effetti di queste disposizioni sono stati la permissione d’allargarsi ne’ rioni adiacenti al Ghetto; con che ne verrà spazio ed agio maggiore a coloro che vi rimangono.
La vergognosa cerimonia del sabato di carnevale in Campidoglio, ed il tributo che v’era annesso, furono l’uno e l’altro aboliti. A questi primi passi terranno dietro certamente tutti gli altri, finché sia completo questo grande atto di giustizia. Un nuovo passo sta intanto per muoversi: l’ammissione degli Israeliti nei ruoli della Guardia Cittadina. Pio IX vi ha dato il suo consenso. Quanto alla pratica sembra s’incontri qualche difficoltà: sembra vi sia il timore, forse non interamente fuor di proposito, che nel rione ove dovrebbero gli Israeliti concorrere al servizio cittadino, non siano del tutto spente le vecchie repulsioni, e possa col contatto fra essi ed i cristiani nascere qualche scandalo .…………………………......................................................
Ripensando il lungo patire di quella sventurata nazione respinta per tanto tempo da tutti i beni e i vantaggi del vivere civile, del quale bensì dovea sostenere raddoppiato ogni peso; ripensando l’ingiusto disprezzo onde fu segno, le dolorose umiliazioni delle quali ebbe a bere il calice sino alla feccia; come non sentire il desiderio, il bisogno di una riparazione pronta ed aperta quanto è possibile?
Come non provare quel senso di rispetto e di premura sollecita che desta una sventura immeritata e sostenuta con longanimità e fortezza?
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Pensai fra me stesso quali nobili e preziose soddisfazioni rifiutano e sprecano gli uomini con l’amara e superba pazzia dell’intolleranza e delle persecuzioni! E qual fonte di gioie, di felicità, di profitti scambievole potrebbero all’opposto trovare nel rispetto dei diritti di tutti, nell’onorarsi e amarsi gli uni con gli altri.
Ma se questa via la civiltà cristiana l’aveva in parte smarrita; se purtroppo in molte parti ed in molti casi professando una dottrina in parole la rinnegava nei fatti; e chiudendo gli occhi all’eterno sole della giustizia e della verità, concludeva invece ed operava a norma dell’errore e della iniquità: ora Iddio pietoso delle sue creature, ci ha mandato chi ci rimetta su un buon cammino e ci sia guida e sostegno onde non smarrirlo per l’avvenire.

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