Boris Dubrov: Festa di Channukka, 2006
ORARI DI SIRACUSA
Accensione ore 16.23
Havdalah ore 17.25
Per le altre località vedi http://www.myzmanim.com/search.aspx
All'uscita di Shabbath si accende il primo lume di Chanukkah.
Parashah Vayeshev: Bereshith 37 - 40
Haftarah Vayeshev: ʽAmos 2,6 - 3,8
L’
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approccio ermeneutico alla
Torah differenzia l'ebraismo da altre antiche concezioni assolute e sacrali
dove viene chiesto alla ragione di abdicare senza riserve. Si pensi alla religione
dell'Islam, per la quale Dio è intervenuto solo nella mente del profeta e ha
determinato una immutabilità nella storia senza intervenire.
Nell'Ebraismo D-o è anche
teofania, a volte angelica, miracolistica, interviene nella storia, costruisce
con gli uomini una storia, nel paradosso dell'infinita distanza di D-o e della
completa vicinanza della parola che da Lui deriva (Devarim 29,28; 30,11-14).
La Parola nella sua autorevolezza
esige di essere eseguita ma anche interpretata. Solo così la storia nelle sue
dinamiche si disvela dipanandosi. La Torah, be ruach qodesh, si rivela in una
dimensione di progressione temporale che nell'apparente immutabilità
della sacralità del testo contiene il germe dello sviluppo e della
contemporaneità. A volte è la dinamica umana, sociale degli uomini, il loro
percorso nella storia che richiede una ermeneutica che la anima, che la
connette alla parola divina fuori dalla letterarietà statuaria della scrittura.
Accanto alla Torah she bi ktav si manifesta la Torah she be al peh, la
Torah orale.
Rabbi Jonah ben Abraham (secolo
XIII) dice - È scritto ”ti darò due tavole di pietra, la Torah e la Mitzvah”
(Shemoth 24,12). La Torah si riferisce alla Torah scritta e la Mitzvah alla
Torah orale. -
(Per approfondire vedi Piero
Stefani: Testo e commento, in Ebrei moderni identità e stereotipi culturali.
Bollati Boringhieri 1989)
A volte nel disegno Divino e
nella sua interazione con il percorso degli uomini paiono però nascere alcune
almeno apparenti discrepanze nelle dinamiche della storia del popolo
d'Israele. È il caso della storia dei primi nostri Patriarchi, benedetta la
loro memoria, e di uno dei principi della Torah orale e scritta: la
primogenitura. Questa è la consacrazione a Dio, in segno di culto e di lode,
del primo figlio ”Il primogenito dei tuoi figli lo darai a me” (Shemoth 22,28).
Il primogenito era l'erede del padre, da una parte di carattere spirituale,
tanto che interveniva la benedizione paterna, dall'altra per l'eredità
materiale.
Questo diritto, che oggi la
moderna giurisprudenza rigetta, è sempre stato presente nelle culture di ogni
tempo fino ad arrivare nel diritto normanno in Sicilia ad essere esteso anche
alle donne. Non così nell'antico popolo ebraico dove era una prerogativa
maschile. Il bekhor è anche simbolo dinastico ma poteva per volere del padre o
per sua propria determinazione vendere la primogenitura al fratello.
Scrive Roberto Colombo in un articolo pubblicato su Morashà e di cui
vi consiglio l' intera lettura al link di seguito :
“L’importanza del bekhòr, almeno
durante il periodo dei patriarchi, era direttamente proporzionale alla sua
disponibilità e capacità di operare per il bene della società e della sua
famiglia in particolare. A lui, assieme al padre, spettava il compito di
aiutare materialmente i fratelli e di essere per essi un esempio anche di
moralità. Perciò chi non era in grado di adempiere ai compiti che la tradizione
gli assegnava poteva vendere, donare o perdere per volere del padre la propria
primogenitura a favore di uno tra i suoi fratelli (Gen. 25°, 31-32.; Gen. 48°,
14). Essere un bekhòr, dunque, non era solo un onore ma anche un onere che
veniva e viene tutt’oggi ricompensato con una eredità doppia rispetto a quella
destinata ai fratelli. Ma il compito più importante assegnato al primogenito
fin dai tempi di Avrahàm fu sicuramente quello di esercitare il culto
sacerdotale (Ber. Rabbà 63°, 18), funzione questa che si protrasse fino a che
passò di diritto ai Leviti discendenti di Aharòn (Num. 30°, 3)”.
Eppure nella storia ebraica, e
dei primi Padri questo diritto pare non essere sancito dagli accadimenti. Anzi
saranno proprio i figli minori a volte i preferiti, a tracciare storie e
dinastie: si può parlare di primogenitura spirituale nei casi di Isacco,
rispetto a Ismaele, di Giacobbe rispetto ad Esaù e di Giuseppe rispetto
agli altri fratelli.
Per comprendere queste scelte non
ci si può appellare alla diversa discendenza da parte di madre. La Torà
richiede una maggiore sacralità ai primogeniti da parte di madre rispetto ai
primogeniti da parte di padre.
Vigeva una norma consuetudinaria
anti poligamica già dalle civiltà sumeriche che solo con una ditilla (decisione
giudiziaria) consentiva facoltà di un nuovo matrimonio solo in un caso
specifico: se colpita da malattia la moglie poteva consentire al marito una
seconda moglie in pari grado evitando così un divorzio che pure le sarebbe
spettato di diritto.
Nel caso di Giacobbe c'è
un'anomalia. La poligamia non cercata viene accettata come il male minore.
Possiamo dire che l'ordinamento
giuridico dell'antico Israele, come per molti altri popoli del medioriente, non
toglieva in assoluto al marito la facoltà di praticare la poligamia o la poliginia,
ma tollerava questa prassi entro certi limiti e necessità.
Dunque la determinazione della
storia e degli eventi che ne seguiranno da parte di figli minori e che
relegano la primogenitura a figure di secondo piano, seppur attanti negli
sviluppi degli accadimenti, proprio perché costante nella prima parte della
storia di Israele, sembra suggerire un disegno i cui contorni forse a noi
non sono chiari ma lo sono nella mente di D-o.
Shabbat shalom
Israel Eliahu
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