Rav Yosef Dov Soloveichik (1820-92) uno dei rabbini di Brisk
Un giorno il rabbino di Brisk,
un maestro di merito e di fama eccezionali, ben noto anche
per le sue doti di umana bontà e comprensione, prese il treno a Varsavia, per
tornare
nella sua città natale.
Il rabbino, un uomo esile, che
non dava nell’occhio, vestito in modo dimesso, prese posto in uno scompartimento
in mezzo ad un gruppo di commercianti, i quali, non appena il treno si mosse,
cominciarono a giocare a carte. Via via che il gioco procedeva si eccitavano
sempre più: ma il rabbino non si occupava di loro, tutto assorto nei suoi pensieri.
Questa indifferenza disturbò gli altri, e qualcuno gli chiese di partecipare al
gioco. Il maestro rispose che non giocava mai a carte. Il tempo passava e i
giocatori erano sempre più seccati dall’indifferenza di quel loro compagno di
viaggio. Finalmente uno gli disse: “O gioca anche lei o se ne va di qui”. E così dicendo lo prese per il
colletto e lo spinse fuori. Il rabbino fu costretto a restare in piedi per
delle ore finché arrivò a Brisk, meta del suo viaggio. A Brisk scesero anche i
commercianti. Il rabbino fu subito circondato da un gruppo di ammiratori che
gli davano il benvenuto e gli stringevano la mano.
“Chi è quest’uomo?” chiese un
commerciante. “Come, non lo conosce? È il famoso rabbino di Brisk!”.
Il commerciante si sentì venir
meno. Non aveva riconosciuto l’uomo che aveva offeso. Subito gli si avvicinò e
gli chiese perdono. Il rabbino si rifiutò di perdonarlo. Nella sua stanza
d’albergo il commerciante non poteva darsi pace. Andò a casa del rabbino e fu
introdotto nel suo studio.
“Rabbi” gli disse, “ io non
sono ricco, ma ho 300 rubli da parte, se mi perdona glieli consegnerò tutti, perché
li usi a scopi benefici”. La risposta del rabbino fu un secco: “No”.
L’angoscia del commerciante
divenne intollerabile, andò alla sinagoga in cerca di conforto, ma quando
spiegò agli altri le ragioni del suo turbamento tutti restarono sorpresi. Come
mai il maestro, uomo di profonda bontà , si mostrava così inflessibile? Gli consigliarono
di recarsi dal figlio maggiore del rabbino, e di parlargli dello strano comportamento
del padre. Il giovane, quando sentì l’accaduto, si meravigliò e a sua volta non
riusciva a capire una simile ostinazione. Impressionato dall’angoscia del
commerciante, promise di parlarne con il padre. Non è lecito, secondo la legge
ebraica, che un figlio rivolga a suo padre una critica diretta. Per cui il
giovane, entrato nello studio, iniziò una conversazione generale sulla legge
ebraica e poi condusse il discorso sul problema del perdono. Quando vennero a
parlare del principio per cui si deve concedere il perdono ad una persona che
lo ha chiesto tre volte, il giovane fece menzione del commerciante che si
trovava in così grande angoscia. Il rabbino di Brisk gli rispose: “Io non posso
perdonargli. Lui non sapeva chi ero io, quel commerciante ha offeso un uomo comune,
e tutti gli uomini umili come lui, vada dunque da loro a chiedere perdono”.
Abraham J. Heschel
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