Moshè sul Sinai, Haggadah del XIV secolo
ORARI DI SIRACUSA
Accensione ore 16.30
Havdalah 17.30
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PARASHAH VAYSHLACH: Bereshith 32,4 - 36,43
PARASHAH VAYSHLACH: Bereshith 32,4 - 36,43
HAFTARAH: ʽObadyah 1,21
Nella Parashà di questa settimana abbiamo per
due volte un incontro di Jaʽakov con Angeli, dopo il sogno della scala. Nel primo caso la lotta con l’Angelo; nel
secondo Jaʽakov al ritorno verso la casa avita incontrò dei messi di D-o. “Quando
li vide egli disse – Questo è un campo di D-o – e chiamò quel luogo Machanaim”.
È difficile comprendere
appieno la natura degli Angeli secondo l’ermeneutica ebraica. Troverete
spiegazioni molto differenziate, che tenteremo di riassumere.
Jaʽakov,
presso il fiume
Jabbok, combatte con un Angelo per tutta la notte; quando il sole sta
per
sorgere, la misteriosa creatura gli dice che deve andarsene, ma Jaʽakov
cerca
di trattenerlo. Ha capito di aver lottato contro un essere
sovrannaturale,
qualcuno che assume una natura quasi divina. Jaʽakov ne esce provato e
con una invalidità dovuta ad una lesione al nervo sciatico, ma con il
nuovo
nome-attributo di Israele. Le radici di questo nome, ci dice Rav Luciano
Caro,
lo legano a Colui che ha combattuto con
D-o. Ma chi era davvero questo malakh? Scrive ancora Rav Caro:
Una delle interpretazioni dei nostri maestri è che
l’angelo che aveva combattuto contro Giacobbe fosse l’angelo protettore di ʽEsav.
Ognuno di noi ha un angelo
protettore; Giacobbe si è scontrato contro quello che rappresentava il punto di
vista di ʽEsav. C’è una lotta fisica tra Giacobbe e le idee di suo fratello. La
bellezza di quella frase: “Ferma, perché sta per venire il mattino” è intesa
in senso messianico: noi, nella notte dei tempi, lottiamo, ma quando si comincia
a intravedere la luce, basta, la lotta cessa. Giacobbe si sarà domandato: “Ma
io come ho speso la mia vita? Esaù aveva ragione o aveva torto? Io portatore di
una cultura, lui di un’altra…”; quasi un confronto profondo tra lui e il
fratello.
Altri sostengono che sia semplicemente un inviato di ʽEsav o un suo
messo, che deve opporsi all’ingresso di Jaʽakov nel suo territorio, per cui la parola rimanda al suo significato strettamente
letterale e non figurato, dunque non un angelo
spirituale né un messo divino.
Ricordiamo che vengono
definiti malakhim anche gli ambasciatori
che Jaʽakov inviò ad ʽEsav (Gen 32,2-3), così come Malakhim sono definiti
coloro che furono inviati a Gerico (Yehoshuaʽ 6,17).
Scrive Rav Caro, rabbino a
Ferrara:
Può essere
utile tentare di spiegare l'etimologia di questo termine. Malach
proviene da una radice che non è ebraica. La mem iniziale dà l’idea di
essere una lettera servile, che costruisce il sostantivo; ma la radice potrebbe
essere lamed, alef, kaf, che però in ebraico non esiste, o
quanto meno non si trova da nessuna parte. Gli studiosi dicono che c’è una
radice simile nel proto-arabo, nell’ugaritico e anche nella lingua abissina:
sarebbe formata da un suono elle, seguito da una muta e poi da una ch
aspirata. Questa radice avrebbe il significato di “fare un servizio” o “fare
una missione”; quindi il sostantivo indica qualcuno che compie un servizio,
una missione.
Qualche volta il testo biblico fa delle
confusioni di terminologia; questi esseri, infatti, vengono chiamati sia malach,
malachìm, sia navì, cioè “profeta” e così si crea
confusione.
Qualche
volta si trova anche il termine “figli di Dio”, come appare nella
Genesi, in un passo stranissimo: quando l’uomo cominciò a diffondersi sulla
terra, i figli di Dio videro le figlie dell’uomo che erano belle (tovòt - o buone?) e si unirono a loro. Chi sono questi figli di Dio? Si sta parlando
di qualcosa di positivo o negativo? Si dice ancora che in quel tempo c’erano i nefilìm
sulla terra - nefilìm deriva da una radice ebraica che vuol dire “cadere”;
allora sono “i cadenti” - e dopo che i figli di Dio si erano uniti alle
figlie dell’uomo e queste avevano partorito, da essi nacquero eroi molto
famosi. Qualcuno dice che questi “figli di Dio” sono degli esseri
angelici che si sono uniti alle donne e da questa unione sono nati degli uomini
particolarmente dotati. Qualcuno dice che sono i potenti della terra che
chiamano se stessi “figli di Dio” e con la forza si sono presi le donne
normali.
Non è senza
significato che la Vulgata
traduca il termine malach qualche volta con angelus e qualche volta
nuntius.
Secondo altri Jaʽakov combatte
contro la paura di ʽEsav, altri ancora ritengono che combatta contro il suo
alter ego, contro il senso di colpa per l’inganno con cui aveva usurpato la
primogenitura al fratello.
Se era un messo di D-o qual
era la sua missione, portare l’attribuzione del nome, con tutto il suo valore?
O era davvero la materializzazione della
presenza divina?
In Genesi i Malakhim compaiono
spesso. Tre di loro si presentano ad
Avraham, qui il testo ci lascia confusi. Come Avraham prima parla con D-o poi
alzando lo sguardo vede tre persone, dunque in forma umana.
Due volte D-o o un malakh si
rivolge Ad Agar chiedendole di tornare da Sara ed in un’altra occasione un
altro malakh si presenta ad Agar perché non muoia di sete nel deserto con
Ismaele. Ancora un malakh ferma la mula
e lo stesso Bilʽam per impedirgli di maledire Israele.
Ma chi sono dunque gli
angeli?
Confidiamo su Maimonide per
capirci qualcosa, il quale, ne “La guida dei perplessi”
scrive (Trovo la citazione nel sito Ritorno alla Torah):
“La nostra religione non nega il fatto che D-o governi
questa esistenza tramite gli angeli. In alcuni passi i Saggi dicono
semplicemente così: Il Santo non fa nulla finché non ha consultato la famiglia
superiore. In tutti questi testi, l’intento non è quello che pensano gli
ignoranti, cioè che D-o parli, pensi, rifletta e si avvalga della opinione di
altri: come potrebbe il Creatore avvalersi dell’aiuto di ciò che Lui stesso ha creato?
Anzi, tutto questo spiega chiaramente che anche i particolari dell’esistenza,
perfino la creazione degli organi degli animali sono stati fatti tramite gli
angeli, poiché tutte le forze sono angeli. Quanto è grande la cecità degli
ignoranti, e quanto è dannosa. Se tu dici ad uno di coloro che pretendono di
essere i Sapienti di Israele che D-o ha mandato un angelo nell’utero della
donna per formarvi il feto, questo lo riempirà di meraviglia, ed egli lo
accetterà come un atto della grandezza e della potenza di D-o, e come un segno
della Sua sapienza; egli crederà che l’angelo sia un corpo di luce ardente
grande come la terza parte del mondo intero, e tutto ciò gli sembrerà possibile
da parte di D-o. Se invece tu gli dici che D-o ha posto nel seme umano la potenza
di formare e di definire gli organi e che ciò sia l’angelo, allora egli si
stupirà perché non capisce che il vero atto di grandezza e potenza consiste nel
far esistere delle forze che agiscano pur non essendo percepite dai sensi.
I Saggi hanno spiegato che ognuna delle facoltà del
corpo è un angelo, e tanto più lo sono le potenze disseminate nel mondo.
I Saggi hanno dunque già spiegato a chi fa uso del suo
intelletto che la facoltà dell’immaginazione è chiamata angelo; e l’intelletto
è chiamato Cherubino”.
Spiega a questo proposito Rav Caro:
Il Maimonide, grande filosofo, nel suo trattato
filosofico “La guida dei perplessi”, parla dei malachìm e dice
che non è vero che siano esseri umani, pseudoumani o sovraumani, ma sono idee
intellettuali che partono dal nostro corpo. Quando io penso a qualcosa di non
materiale; ad es. a Dio, alla giustizia, alla presenza, alla bontà di Dio,
queste cose sono degli esseri che hanno la loro vita indipendente, ma non
pensate che abbiano la forma di messaggeri, ecc. Sono il prodotto delle nostre
considerazioni intellettuali e queste idee si presentano continuamente sotto
aspetti diversi. Quando penso a un’ideologia, non è che la penso sempre allo
stesso modo, ma, a seconda della mia preparazione, del mio stato d’animo, ecc.
la considero da angolature diverse. I malachìm sono parti del nostro
pensiero e raziocinio.
(Trovo
in un forum di discussione questa citazione di Rav Steisaltz: Gli angeli sono
realtà spirituali privi di forma e materialità.
Ogni
volta che un uomo compie una mitzvà crea un Malak, che consiste nella sua
possibilità di elevarsi alle sfere superiori.
Ogni
volta, al contrario, che un uomo compie un'azione malvagia crea un demone, uno shed).
L’aristotelismo e la
razionalità di Rambam dunque fanno ritenere che altre rappresentazioni
antropomorfe degli angeli siano solo metafore per meglio comprendere, forse
come in una biblia pauperum, il concetto essenziale dei messi divini.
In quest’ottica maimonidea è
naturalmente lecito pensare che gli angeli non siano frapposti fra gli umani e
D-o, e sia implicito che non possano svolgere alcuna mediazione.
Hanno dunque il compito di
svolgere incarichi divini; tuttavia rimane nella cultura popolare ed anche
nella preghiera l’eco di un'invocazione all’angelo, come nella preghiera che
viene recitata prima del sonno. O nell’apotropaica abitudine di leggere i nomi
dei tre angeli Sanwy, Sansanwy e Smnglf per evitare che Lilith possa appropriarsi del
nuovo nato. Naturalmente tutto questo non è condiviso dai nostri Saggi.
Scrive Giulio Busi che “gli angeli vivono della distanza, poiché
a loro è affidato il compito di dissimulare lo iato incolmabile che separa D-o dagli uomini (...) fanno la spola fra la
terra e il cielo (vi ricordate la scala?) gli angeli conducono infatti il trascendente sin nei pressi della
quotidianità. I loro gesti così terreni e le parole che pronunciano, recano tuttavia il segno del
divino nella durata precaria delle loro apparizioni, tant’è vero che puntualmente svaniscono dopo il breve
intervallo di poche frasi lasciando un solco che la realtà a poco a poco
rimargina. Gli angeli parlano e talvolta le loro parole risuonano nei
sogni” (Giulio Busi: Simboli del pensiero ebraico).
Naturalmente c’è un capitolo
a parte che riguarda lo sviluppo
delle tematiche sugli angeli
nella mistica ebraica, ed evitiamo naturalmente di riferirci a tutte le
questioni affini che si trovano in ambito new age comprese tutte le varie
attribuzioni a nomi di angeli.
Ho trovato un testo
interessante di Roberta Simini la
quale sostiene che proprio dalla lotta misteriosa dell’angelo con Jaʽakov prende
corpo tutta l’interpretazione cabbalistica del rapporto uomini-angeli. Citando
anche testi apocrifi fra cui l’Apocalisse di Moshè, la studiosa evidenzia uno
stato conflittuale fra uomini e angeli
per subalternità dei secondi all’Adam, relativamente a D-o stesso, motivando con questo la
ribellione e la caduta degli angeli.
Poi evidenzia come dalla
Merkavah di Ezechiele nasca un interesse particolare delle scuole mistiche per
le figure delle Chayyoth, questi esseri alati con sembianze sia antropomorfe
che zoomorfe.
Il testo è molto interessante
e vi reinvio alla lettura http://www.enec.it/AliDio/09b_GLIANGELINELLAMISTICAEBRAICA.pdf
Come vedrete la materia,
proprio per la sua stratificazione, è assai complessa e varia. Mi auguro che
dalla lettura della parashà
Vayezè possiate trovare
spunti di riflessione.
Shabbath shalom
Israel Eliahu
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