giovedì 3 aprile 2014

SHABBATH 5 NISSAN 5774 / 4-5 APRILE 2014 - METZORAʽ

 Albrecht Dürer: Il lebbroso, 1513

ORARI DI SIRACUSA
ore 19.05 - 20.04
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PARASHAH METZORAʽ: Vayqrà 14 - 15 
HAFTARAH: Melakhim II 7: 1-20; 13: 23

Shalom a tutti.
Le ultime due parashot, Tazrìà῾ e Metzorà῾, contengono prescrizioni per la purità e la qedushah. Si tratta della impurità della donna dopo il parto, della lebbra e dei suoi riti di purificazione, della lebbra della casa. Il termine tzara῾at, che si traduce impropriamente lebbra, ha evidentemente una estensione semantica vasta e si può riferire a malattie della pelle e comunque contagiose. Quello che ci preme approfondire è propriamente il concetto di purità; non ci troviamo di fronte a prescrizioni solo di carattere igienico e sanitario, anche se questa valenza è comunque evidente. Né è sufficiente considerare queste malattie e queste condizioni come metafore di stati di impurità spirituale come hanno fatto alcuni commentatori. In particolare un testo di Rav Riccardo Pacifici, in Discorsi sulla Torah, il quale scrive: “Anzi qui non si tratta, come a prima vista potrebbe sembrare, di infezioni fisiche o di malattie del corpo. Queste non sono probabilmente altro che i simboli di malattie morali e in ogni caso la genesi, lo sviluppo, la guarigione della malattia fisica è considerata in stretto rapporto con la vita spirituale”. Il fatto che l’intermediario per la guarigione fosse un sacerdote, secondo Rav Pacifici conferma questa considerazione per la quale siamo in un ambiente semanticamente denso e osmotico, tessuto fra malattia del corpo e malattia dello spirito. Scrive ancora Rav Pacifici: “Una riprova evidente di questa tendenza si ha in un detto talmudico ove si dice che molte di queste piaghe provengono da colpe di carattere sociale, prima fra queste la maldicenza, lashon hara῾, e che una delle sanzioni più frequenti a questa grave colpa sociale sia appunto la lebbra”.
Ricordiamo questo enunciato: “Vi sforzerete di essere Santi e sarete Santi poiché Io sono il Signore vostro D-o. Osserverete i miei decreti e li metterete in pratica. Io sono il Signore che vi Santifica (Levitico 20:7-8). Secondo alcuni col termine decreti si intendono le leggi non comprensibili in termini strettamente razionali.
Cominciamo subito col dire che il concetto di purità, Tahorà, e quello di impurità Tumà, nell’ebraismo non corrispondono a quello di buono e di cattivo, ma fanno riferimento ad una condizione di sacralità che consente di accedere al Santuario.
Tutte le regole e i precetti di riferimento li troviamo nell’ordine Tahorot della Mishnah e quindi nella decima parte del Mishneh Torah di Maimonide. In quel compendio dell’opera maimonidea che è “La guida dei perplessi” Maimonide parte dall’assunto di natura psicologica che la frequentazione ordinaria del Santuario ne svilirebbe il grande senso religioso e che non è raccomandabile entrarvi in ogni momento. Secondo Maimonide, D-o vietò agli impuri di entrare nel Santuario: “… benché ci siano molte specie di impurità al punto che tu quasi non trovi una persona pura”, dimostrando la quasi impossibilità di non incorrere in un atto di impurità durante la giornata, e conclude dicendo: “... ebbene tutto questo è un motivo per star lontano dal Santuario e non andarci in ogni momento … nessun uomo può entrare nel cortile del Tempio per il culto, foss’anche puro, finché non ha fatto le abluzioni”. Queste abluzioni rituali erano prescritte anche al Cohen haGadol e risulta evidente come non si trattasse di prescrizione igieniche ma di una prassi che consentiva un cambiamento di stato, una separazione fra due condizioni spirituali diverse. Prosegue Maimonide con questi enunciati: “I risultati di queste prescrizioni 1) Tenere lontano dalle contaminazioni, 2) Proteggere il Santuario, 3) Mantenere ciò che è diffuso ed usuale, 4) Alleggerire queste difficoltà, così che l’uomo non sia impedito dalla questione della purità e impurità a svolgere le sue occupazioni giacché questa questione della purità e impurità non riguarda altro che il Santo e le cose sante”. 
Da questo risulta evidente come le prescrizioni che riguardano la puerpera e la donna mestruata non sono certo quarantene di natura sanitaria e tanto meno sociale. Lo stesso Maimonide ribadisce come la lebbra sia, già confermato dai Sapienti, una punizione per il turpiloquio. E ancora afferma di non saper spiegare alcune prassi cultuali e rituali che presiedono agli atti di purificazione come la vexata quaestio della vacca rossa o del rituale di purificazione con rami di issopo, legno di cedro e sangue già esaminati in un precedente approfondimento.
Cito dal volumetto La purità nella famiglia ebraica, a cura di Adina Cohen e Simy Elmaleh: “A differenza di alcune altre religioni l’Ebraismo non condanna la vita del corpo alla vergogna o alla repressione, ma al contrario la nostra Torah vuole elevare e dare forma nobile a tutto ciò che potrebbe avere un aspetto animale nella vita e portarlo così ad un livello spirituale più vicino al divino. Per questo, ad esempio, l’alimentazione che è sottoposta alle leggi della kasheruth, è preceduta e seguita da benedizioni, affinché l’uomo ritrovi D-o nei più piccoli atti della sua vita. Allo stesso modo il matrimonio, i rapporti fra i coniugi, sono sottoposti a leggi il cui scopo evidente è quello di elevare ad un livello più spirituale tutto ciò che potrebbe, al contrario, mettere in evidenza la somiglianza fra l’uomo e l’animale”.
Va da sé che molte delle regole di purità che scandivano la vita quotidiana ai tempi del Bet haMikdash oggi non siamo più tenuti ad osservarle, ma molte di queste sono da mantenere ogni volta che ci si avvicina al culto o si entra in Sinagoga. Pensate alla Tevilah che la donna deve compiere dopo sette giorni dalla cessazione del ciclo. Non c’è nessuna pratica igienica che la può sostituire perché è un atto di consacrazione, una legge divina.
Quindi questo concetto di purificazione non attiene alla sfera igienico-salutista né a quella morale, il periodo che segue la niddah non ha certo il valore di un esilio per una colpa né quello successivo al parto, dato che è l'esplicitazione di uno dei principi dell’Ebraismo.
Si fa riferimento al raggiungimento di un valore metafisico, di recupero di una corruzione dello stato di Qedushah.
Secondo un concetto mutuato da studi antropologici, in molte culture è impuro non solo ciò che lo è per sé stesso ma ciò che è anche veicolo di contaminazione. Il soggetto terzo può essere alterato e diventare esso stesso impuro. Se questo risulta meno comprensibile quando ci riferiamo alla niddah, troviamo però nel Sefer ha zohar libro III: “Quando un uomo tocca una donna mestruata il suo peccato risveglia il serpente superno e arreca impurità in un luogo dove non si dovrebbe”.
Difficile ricondurre la stratificazione simbolica e allegorica sul mestruo a razionali letture, quando ad esempio Yosef Caro (1488-1575) nel Sefer toledot Yishaq paragona l’impurità di Israele a quella della mestruata e non a quella arrecata da un cadavere. “Mentre infatti un Sacerdote non può entrare nella casa in cui vi sia un cadavere, gli è lecito entrare ove si trovi una donna durante il ciclo e dimorare con lei. Allo stesso modo il Santo Benedetto fa aleggiare la propria Shekinah sugli Ebrei sebbene essi siano impuri”.
Forse è più semplice comprendere il senso di questa impurità da condivisione o «contagio» se ci riferiamo a culti idolatri frequenti fra i fenici che celebravano con sangue il culto alle divinità.
Tuttavia non possiamo non comprender come in caso di malattie della pelle od altre che indichiamo sotto il nome generico di lebbra, il problema del contagio fosse un rischio concreto.
Per questo altri commentatori indulgono anche ad accettare determinate consuetudini come prevenzione di contagi per malattie epidemiche. Isacco Segre nel 1897 in “L’igiene nella Bibbia e nei libri rabbinici” edito in anastatica da Carucci nel 1980, legge le prescrizioni del Levitico anche come regole di profilassi sanitaria. In una silloge alla fine del primo paragrafo della parte terza Segre scrive: “Le misure profilattiche prescritte dal Sommo Legislatore per le malattie come lebbra e gonorrea ed altre ritenute contagiose e diffusibili si riassumono nelle seguenti:
a) Visita accurata e diligente da parte dei sacerdoti, degli individui sospetti di malattie diffusibili
b) Loro isolamento in località appartata per la durata di alcuni giorni
c) Abluzioni frequenti e ripetute delle loro persone in acqua viva, nella quale talora s’aggiungeva della cenere, che per la soda di cui è costituita, giovava ad una maggior nettezza della persona.
In questa sede non posso riassumere il volumetto. Ma non si può fare a meno di compiacersi che il buon senso dei nostri Padri trova conferma nelle più elementari e moderne argomentazioni salutiste e ricordate: “I sospiri distruggono la vita dell’uomo; la vita dei melanconici, degli iracondi, dei mesti non si chiama vita!”.
Shabbath shalom
Israel Eliahu

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