giovedì 1 agosto 2013

SHABBATH 27 AV 5773/ 2-3 AGOSTO 2013

Giovanni Lanfranco: Il ritorno dei messaggeri da Canaan, 1621-4

ORARI DI SIRACUSA
Accensione  ore  19.46
Havdalah           20.47
Per le altre località clicca Q U I

PARASHAH REÈH: Devarim 11,26 - 16,17
HAFTARAH: Yeshaʽyahu 54,11 - 55,5



Se volessimo tentare di elencare gli intellettuali Ebrei famosi nel campo delle scienze, delle lettere, dell’arte, della filosofia, anche solo degli ultimi due secoli, trascorreremmo ore ed ore in compagnia.
Adler, Marx, Benjamin, Adorno, Babel, Levi, Saba, Schmitz-Svevo, Erenburg,  Mahler, Bruch, Schoemberg, Celan, Chagall, Kraus, Kafka, Freud, Einstein… potremmo continuare ad libitum. Tuttavia dobbiamo fare una constatazione, per la verità ebraicamente dolente. La figura dell’intellettuale ebreo è, non vogliamo dire sempre, ma molto spesso scollata dalla sua identità religiosa ebraica, tanto che nella Praga della fine dell’800 si chiamava con l’appellativo ingiurioso Literat l’intellettuale assimilato. I percorsi di assimilazione alla società contemporanea, nel mondo enfatico e ridondante del progresso, e della società “civile”, che per gli ultimi due secoli ha tenuto bordone alla crescita intellettuale ebraica, hanno condotto a questa perdita identitaria e in qualche caso condotto all’odio di sé ebraico, così come formulato da Theodor Lessing. Eclatante il caso di Marx o di Weininger, ma anche quello di Kraus. Mahler si fece apostata per non naufragare nella Vienna di Cosima Wagner. Pensavano di allontanare quel mondo così lontano, ma poco oltre il confine dell’impero, popolato dalle povere comunità ebraiche aggrumate negli shtetl dove misticismo e a volte superstizione erano la cordonatura della miseria e della persecuzione. Una piccola minoranza religiosa era emersa per cultura, talento e capacità nel mondo affollato che aveva fino allora emarginato i suoi membri, isolati, costretti nei ghetti e aveva trovato un riscatto sociale nel mondo che li aveva espulsi ma aveva dovuto pagare un pegno: la perdita di quelle connotazioni che li rendeva visibili per la specificità culturale, religiosa,  anche nelle dinamiche della diversità del quotidiano. Era un prezzo folle, un tributo altissimo che in una manciata di decine di anni avrebbe disgregato il tessuto stesso della comunità ebraica, anche di quella italiana, impoverendolo di migliaia di unità. L’assimilazione è un dramma che in poche generazioni ha spogliato l’ebraismo conducendolo a prassi e riti dei goym per celebrare il trionfo inutile e vessatorio di una pseudo civiltà al tramonto. Molti oggi si sentono Ebrei per linea di sangue, per tradizione, per censo ma non coltivano le leggi della Torah, perché incompatibili con un mondo che va verso il baratro, e lo fa danzando. La shoà avrebbe dovuto aprire gli occhi ai tanti che oggi non osservano le mitzvot o si professano atei, come è emerso da recenti statistiche nel mondo ebraico italiano. Quando i nazifascisti sono andati a prendere dalle loro case gli Ebrei hanno guardato al cognome, alla discendenza genealogica. Hanno prelevato anche già convertiti al cristianesimo durante le funzioni in chiesa. A che è servita l’assimilazione? Dramma nel dramma, molti Ebrei hanno riscoperto di esserlo solo durante le persecuzioni razziali. Levi, Schoemberg fra questi, ma anche tante altre persone che pensavano che la salvezza potesse essere il mascheramento. La paura di riconoscere sé stessi negli altri, nella diversità, ci ha stanati dalle case borghesi dove la menorah ha convissuto con altri simboli o con i riti della celebrazione collettiva del nulla.
Per questo Moshè aveva messo in guardia gli Ebrei dal rischio dell’assimilazione vivendo a contatto con altri popoli; forse non poteva aver previsto la diaspora e dunque l’acuirsi del problema, ma aveva comunque posto fondamento alla difesa. Oggi la fascinazione del nulla è più suadente, più subdola, tesse una tela dalla quale difficilmente ci si libera.
Certo se siamo arrivati sin qui vuol dire che il nostro popolo ha resistito agli inganni greci, romani, anche alla barbarie dei re cattolici; oggi abbiamo anche l’opportunità di coltivare quella fiamma che non si spegne mai dentro ad ogni ebreo, anche se i nostri avi sono stati costretti all’abiura come conversos, come anussim, il Santo Benedetto Egli Sia ci ha dato l’opportunità di ritornare alla Torah. Le regole non le stabilisce la modernità ma la Torah.
Shabbath Shalom
Israel Eliahu

Nessun commento:

Posta un commento