mercoledì 5 giugno 2013

SHABBATH 30 SIVAN 5773 / 7-8 GIUGNO 2013

Gustave Doré: Morte di Korah

ORARI DI SIRACUSA
Accensione  ore  19.58
Havdalah           21.04
Per le altre località  clicca qui

PARASHAH QORACH: Bemidbar 16 -18
HAFTARAH: Shmuel I, 11,14 - 12,22

Qorach è un demagogo. Ci sono quelli che hanno tanto e non vogliono dividerlo con nessuno, ci sono quelli che hanno niente e vogliono dividerlo con tutti. Qorach fa parte di questi imbonitori che vellicano la parte più sensibile e aggressiva dell’animus degli uomini da poco e che si nascondono dietro il volto anonimo della massa per promuovere istanze che, a ben guardare, mostrano solo una caramellosa glassa da rivendicazione sociale e ben poco di etico. In questo caso, ben poco di religioso. Un amico Rabbino americano, che è anche, buon per lui, psichiatra, mi raccontava che periodicamente si presentano nella sua Sinagoga vari Messia, grandi riformatori, e una pletora di profeti urbani con forti disturbi della personalità e la ormai nota Sindrome di Gerusalemme. Generalmente ai Messia si limita a fare osservare che fino ad ora non hanno combinato un gran che; con gli altri ci vuole più pazienza.
In altri tempi anche Shabbetay Tzevi seppe conquistare il cuore delle masse ebree; finì per convertirsi all’Islam, ma un grande studioso ha riconosciuto in lui il germe dell’Haskalah, l’illuminismo ebraico, quello che può essere considerato il viatico per l’assimilazione, spesso confusa con una sorta di normalizzazione per coloro che danno da mangiare al coccodrillo sperando di essere divorati per ultimi.
Qorach resta sempre un demagogo! Sceglie la figura commotiva della vedova, ne sfrutta una sola sfaccettatura, quella dei doveri, dimenticando però che la Torah tutela questa figura proprio su un piano sociale, quello dei diritti. Ma a Qorach non interessa! Il suo j’accuse deve arrivare a graffiare l’amor proprio e l’individualità grassa, che fanno il nido non nel cuore delle persone ma nella bieca insolenza dell’orgoglio, del desiderio del potere. Perché loro e non io? Qualche annetto dopo, caro Qorach, te lo avrebbe spiegato sorridendo Trilussa nella poesiola dell’aquila e del gallo, L’uguaglianza:
                                      
Fissato ne l'idea de l'uguajanza
un Gallo scrisse all'Aquila: - Compagna,
siccome te ne stai su la montagna
bisogna che abbolimo 'sta distanza:
perché nun è né giusto né civile
ch'io stia fra la monnezza d'un cortile,
ma sarebbe più commodo e più bello
de vive ner medesimo livello.-
 
L'Aquila je rispose: - Caro mio,
accetto volentieri la proposta:
volemo fa' amicizzia? So' disposta:
ma nun pretenne che m'abbassi io.
Se te senti la forza necessaria
spalanca l'ale e viettene per aria:
se nun t'abbasta l'anima de fallo
io seguito a fa' l'Aquila e tu er Gallo.
 
 
Sì perché Qorach è un levita figlio di Izhar, fratello di Amram, e dunque Qorach è cugino di Moshè e 
Aaron. Perché loro e non io? Inaccettabile, dato il vincolo di parentela; dimentica però un piccolo 
particolare. Che Moshè, come lo fu Avraham è stato scelto da D-o. Non si è arrogato il diritto di 
condurre con sé il popolo ebraico verso la terra che stilla latte e miele. È stato chiamato da 
D-o.  Si può dire che non c’era bisogno di un Qorach o di 1000 Qorach equipollenti?!
In un Midrash il profeta Eliahu ad una piccola e misera Qehillà che lo aveva ospitato augurò di avere un solo capo; ad una ricca Qehillà che lo aveva cacciato come vagabondo augurò di avere molti capi. Perché dove ci sono molti che comandano non c’è pace.
“Le religioni idolatriche hanno molti dei, molte leggi, molti sacerdoti, molti luoghi di riunione; noi invece abbiamo un solo D-o, una sola Torah, una sola legge un solo altare e quindi un solo Sommo Sacerdote. Ora voi siete duecentocinquanta e aspirate tutti al Sommo Sacerdozio” così risponde Moshè secondo il Midrash.  
I commentatori hanno scritto molto su Qorach. Io mi limito a ricordarvi che Qorach è sempre vivo. Si nasconde nell’ombra, pronto ad accendere la miccia della sovversione, a volte in nome della utopia, del relativismo, del “progresso della società civile” chiedendo al popolo ebraico di rinnegare la propria cultura e la propria legge perché ai loro occhi pare inattuale; chiede di mettere in discussione dialetticamente quanto il Signore ci ha comandato, come se la Torah non fosse universale, come se non contenesse già la via della giustizia assoluta per gli uomini secondo gli intendimenti divini.
Scrive Maimonide:
“I saggi e i profeti non hanno aspirato ai tempi Messianici per governare il mondo, né per essere glorificati dalle nazioni e neppure per mangiare, bere e godere. Tutto quello che sperano è di consacrarsi senza ostacoli alla Torah e alla saggezza. In quel tempo non vi sarà né carestia né guerra né gelosia né discordia, perché la terra sarà posseduta nell’abbondanza. Il mondo intero non avrà altra preoccupazione che la conoscenza di D-o. Allora i figli di Israele saranno saggi rispettati, conosceranno le cose nascoste e perverranno alla conoscenza del loro creatore, fino ai limiti della capacità umana”.
Shabbath shalom
Israel Eliahu

Nessun commento:

Posta un commento