sabato 9 novembre 2013

SHABBATH 13 KISLEV 5774 / 15-16 NOVEMBRE 2013 - VAYSHLACH

Moshè sul Sinai, Haggadah del XIV secolo

ORARI DI SIRACUSA
Accensione  ore  16.30
Havdalah           17.30
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PARASHAH VAYSHLACH: Bereshith 32,4 - 36,43
HAFTARAH: ʽObadyah 1,21

Nella Parashà di questa settimana abbiamo per due volte un incontro di Jaʽakov con Angeli, dopo il sogno della scala. Nel primo caso la lotta con l’Angelo; nel secondo Jaʽakov al ritorno verso la casa avita incontrò dei messi di D-o. “Quando li vide egli disse – Questo è un campo di D-o –  e chiamò quel luogo Machanaim”.

È difficile comprendere appieno la natura degli Angeli secondo l’ermeneutica ebraica. Troverete spiegazioni molto differenziate, che tenteremo di riassumere.

Jaʽakov, presso il fiume Jabbok, combatte con un Angelo per tutta la notte; quando il sole sta per sorgere, la misteriosa creatura gli dice che deve andarsene, ma Jaʽakov cerca di trattenerlo. Ha capito di aver lottato contro un essere sovrannaturale, qualcuno che assume una natura quasi divina. Jaʽakov ne esce provato e con una invalidità dovuta ad una lesione al nervo sciatico, ma con il nuovo nome-attributo di Israele. Le radici di questo nome, ci dice Rav Luciano Caro, lo legano a Colui che ha combattuto con D-o. Ma chi era davvero questo malakh? Scrive ancora Rav Caro:

Una delle interpretazioni dei nostri maestri è che l’angelo che aveva combattuto contro Giacobbe fosse l’angelo protettore di ʽEsav. Ognuno di noi ha un angelo protettore; Giacobbe si è scontrato contro quello che rappresentava il punto di vista di ʽEsav. C’è una lotta fisica tra Giacobbe e le idee di suo fratello. La bellezza di quella frase: “Ferma, perché sta per venire il mattino” è intesa in senso messianico: noi, nella notte dei tempi, lottiamo, ma quando si comincia a intravedere la luce, basta, la lotta cessa. Giacobbe si sarà domandato: Ma io come ho speso la mia vita? Esaù aveva ragione o aveva torto? Io portatore di una cultura, lui di un’altra…”; quasi un confronto profondo tra lui e il fratello.

Altri sostengono che sia semplicemente un inviato di ʽEsav o un suo messo, che deve opporsi all’ingresso di Jaʽakov nel suo territorio, per cui la parola rimanda al suo significato strettamente letterale e non figurato, dunque non un angelo spirituale né un messo divino.

Ricordiamo che vengono definiti malakhim anche gli ambasciatori  che Jaʽakov inviò ad ʽEsav (Gen 32,2-3), così come Malakhim sono definiti coloro che furono inviati a Gerico (Yehoshuaʽ 6,17).

Scrive Rav Caro, rabbino a Ferrara:

Può essere utile tentare di spiegare l'etimologia di questo termine. Malach proviene da una radice che non è ebraica. La mem iniziale dà l’idea di essere una lettera servile, che costruisce il sostantivo; ma la radice potrebbe essere lamed, alef, kaf, che però in ebraico non esiste, o quanto meno non si trova da nessuna parte. Gli studiosi dicono che c’è una radice simile nel proto-arabo, nell’ugaritico e anche nella lingua abissina: sarebbe formata da un suono elle, seguito da una muta e poi da una ch aspirata. Questa radice avrebbe il significato di “fare un servizio” o “fare una missione”; quindi il sostantivo indica qualcuno che compie un servizio, una missione.

Qualche volta il testo biblico fa delle confusioni di terminologia; questi esseri, infatti, vengono chiamati sia malach, malachìm, sia navì, cioè “profeta” e così si crea confusione.

Qualche volta si trova anche il termine “figli di Dio”, come appare nella Genesi, in un passo stranissimo: quando l’uomo cominciò a diffondersi sulla terra, i figli di Dio videro le figlie dell’uomo che erano belle (tovòt - o buone?) e si unirono a loro. Chi sono questi figli di Dio? Si sta parlando di qualcosa di positivo o negativo? Si dice ancora che in quel tempo c’erano i nefilìm sulla terra - nefilìm deriva da una radice ebraica che vuol dire “cadere”; allora sono “i cadenti” - e dopo che i figli di Dio si erano uniti alle figlie dell’uomo e queste avevano partorito, da essi nacquero eroi molto famosi. Qualcuno dice che questi “figli di Dio” sono degli esseri angelici che si sono uniti alle donne e da questa unione sono nati degli uomini particolarmente dotati. Qualcuno dice che sono i potenti della terra che chiamano se stessi “figli di Dio” e con la forza si sono presi le donne normali.

Non è senza significato che la Vulgata traduca il termine malach qualche volta con angelus e qualche volta nuntius.

Secondo altri Jaʽakov combatte contro la paura di ʽEsav, altri ancora ritengono che combatta contro il suo alter ego, contro il senso di colpa per l’inganno con cui aveva usurpato la primogenitura al fratello.
Se era un messo di D-o qual era la sua missione, portare l’attribuzione del nome, con tutto il suo valore? O era davvero la materializzazione della presenza divina?

In Genesi i Malakhim compaiono spesso. Tre di loro si presentano ad Avraham, qui il testo ci lascia confusi. Come Avraham prima parla con D-o poi alzando lo sguardo vede tre persone, dunque in forma umana.

Due volte D-o o un malakh si rivolge Ad Agar chiedendole di tornare da Sara ed in un’altra occasione un altro malakh si presenta ad Agar perché non muoia di sete nel deserto con Ismaele. Ancora un malakh ferma la mula e lo stesso Bilʽam per impedirgli di maledire Israele.

Ma chi sono dunque gli angeli?

Confidiamo su Maimonide per capirci qualcosa, il quale, ne “La guida dei perplessi” scrive (Trovo la citazione nel sito Ritorno alla Torah):

“La nostra religione non nega il fatto che D-o governi questa esistenza tramite gli angeli. In alcuni passi i Saggi dicono semplicemente così: Il Santo non fa nulla finché non ha consultato la famiglia superiore. In tutti questi testi, l’intento non è quello che pensano gli ignoranti, cioè che D-o parli, pensi, rifletta e si avvalga della opinione di altri: come potrebbe il Creatore avvalersi dell’aiuto di ciò che Lui stesso ha creato? Anzi, tutto questo spiega chiaramente che anche i particolari dell’esistenza, perfino la creazione degli organi degli animali sono stati fatti tramite gli angeli, poiché tutte le forze sono angeli. Quanto è grande la cecità degli ignoranti, e quanto è dannosa. Se tu dici ad uno di coloro che pretendono di essere i Sapienti di Israele che D-o ha mandato un angelo nell’utero della donna per formarvi il feto, questo lo riempirà di meraviglia, ed egli lo accetterà come un atto della grandezza e della potenza di D-o, e come un segno della Sua sapienza; egli crederà che l’angelo sia un corpo di luce ardente grande come la terza parte del mondo intero, e tutto ciò gli sembrerà possibile da parte di D-o. Se invece tu gli dici che D-o ha posto nel seme umano la potenza di formare e di definire gli organi e che ciò sia l’angelo, allora egli si stupirà perché non capisce che il vero atto di grandezza e potenza consiste nel far esistere delle forze che agiscano pur non essendo percepite dai sensi.

I Saggi hanno spiegato che ognuna delle facoltà del corpo è un angelo, e tanto più lo sono le potenze disseminate nel mondo.

I Saggi hanno dunque già spiegato a chi fa uso del suo intelletto che la facoltà dell’immaginazione è chiamata angelo; e l’intelletto è chiamato Cherubino”.

Spiega  a questo proposito Rav Caro:

Il Maimonide, grande filosofo, nel suo trattato filosofico “La guida dei perplessi”, parla dei malachìm e dice che non è vero che siano esseri umani, pseudoumani o sovraumani, ma sono idee intellettuali che partono dal nostro corpo. Quando io penso a qualcosa di non materiale; ad es. a Dio, alla giustizia, alla presenza, alla bontà di Dio, queste cose sono degli esseri che hanno la loro vita indipendente, ma non pensate che abbiano la forma di messaggeri, ecc. Sono il prodotto delle nostre considerazioni intellettuali e queste idee si presentano continuamente sotto aspetti diversi. Quando penso a un’ideologia, non è che la penso sempre allo stesso modo, ma, a seconda della mia preparazione, del mio stato d’animo, ecc. la considero da angolature diverse. I malachìm sono parti del nostro pensiero e raziocinio.

(Trovo in un forum di discussione questa citazione di Rav Steisaltz: Gli angeli sono realtà spirituali privi di forma e materialità.

Ogni volta che un uomo compie una mitzvà crea un Malak, che consiste nella sua possibilità di elevarsi alle sfere superiori.

Ogni volta, al contrario, che un uomo compie un'azione malvagia crea un demone, uno shed).

L’aristotelismo e la razionalità di Rambam dunque fanno ritenere che altre rappresentazioni antropomorfe degli angeli siano solo metafore per meglio comprendere, forse come in una biblia pauperum, il concetto essenziale dei messi divini.
In quest’ottica maimonidea è naturalmente lecito pensare che gli angeli non siano frapposti fra gli umani e D-o, e sia implicito che non possano svolgere alcuna mediazione.

Hanno dunque il compito di svolgere incarichi divini; tuttavia rimane nella cultura popolare ed anche nella preghiera l’eco di un'invocazione all’angelo, come nella preghiera che viene recitata prima del sonno. O nell’apotropaica abitudine di leggere i nomi dei tre angeli Sanwy, Sansanwy e Smnglf per evitare che Lilith possa appropriarsi del nuovo nato. Naturalmente tutto questo non è condiviso dai nostri Saggi.

Scrive Giulio Busi che “gli angeli vivono della distanza, poiché a loro è affidato il compito di dissimulare lo iato incolmabile che separa D-o dagli uomini (...) fanno la spola fra la terra e il cielo (vi ricordate la scala?) gli angeli conducono infatti il trascendente sin nei pressi della quotidianità. I loro gesti così terreni e le parole che pronunciano, recano tuttavia il segno del divino nella durata precaria delle loro apparizioni, tant’è vero che puntualmente svaniscono dopo il breve intervallo di poche frasi lasciando un solco che la realtà a poco a poco rimargina. Gli angeli parlano e talvolta le loro parole risuonano nei sogni” (Giulio Busi: Simboli del pensiero ebraico).

Naturalmente c’è un capitolo a parte che riguarda lo sviluppo

delle tematiche sugli angeli nella mistica ebraica, ed evitiamo naturalmente di riferirci a tutte le questioni affini che si trovano in ambito new age comprese tutte le varie attribuzioni a nomi di angeli.

Ho trovato un testo interessante di Roberta Simini la quale sostiene che proprio dalla lotta misteriosa dell’angelo con Jaʽakov prende corpo tutta l’interpretazione cabbalistica del rapporto uomini-angeli. Citando anche testi apocrifi fra cui l’Apocalisse di Moshè, la studiosa evidenzia uno stato conflittuale fra uomini e angeli per subalternità dei secondi all’Adam, relativamente a D-o stesso, motivando con questo la ribellione e la caduta degli angeli.

Poi evidenzia come dalla Merkavah di Ezechiele nasca un interesse particolare delle scuole mistiche per le figure delle Chayyoth, questi esseri alati con sembianze sia antropomorfe che zoomorfe.

Il testo è molto interessante e vi reinvio alla lettura http://www.enec.it/AliDio/09b_GLIANGELINELLAMISTICAEBRAICA.pdf

Come vedrete la materia, proprio per la sua stratificazione, è assai complessa e varia. Mi auguro che dalla lettura della parashà

Vayezè possiate trovare spunti di riflessione.

Shabbath shalom

Israel Eliahu

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