lunedì 14 gennaio 2013

27 GENNAIO 2013 GIORNATA DELLA MEMORIA

 
Con questo incontro, il Centro di cultura ebraica Tiqqun vuole offrirvi una riflessione sulla Shoah da un punto di vista teologico ed etico. L’interrogativo posto che vuole una risposta è: Dov’era D-o quando i nazisti hanno sterminato 6 milioni di ebrei? Se lo chiedevano i deportati nei campi di concentramento, ce lo chiediamo noi della generazione successiva. La domanda ha cambiato il modo di pensare D-o dopo Auschwitz. È nata una teologia di Auschwitz? O il problema è strettamente storico ed etico? Cercare di comprendere i criteri e finalità del pensiero divino si scontra con quelli che noi sappiamo essere gli attributi divini. Ogni riflessione sulla teodicea si scontra con l’inconoscibilità di D-o e del suo progetto sul mondo. "Le cose occulte appartengono al Signore nostro D-o e quelle rivelate toccano a noi e ai nostri figli in eterno". Se per la teologia della morte di D-o, da un punto di vista cristiano la domanda che si pone è se il Mashiach è venuto perché il mondo è così malvagio, da un punto di vista ebraico la domanda che si pone è come possa venire il Mashiach in un mondo come quello che ha permesso Auschwitz. Quindi il problema tende a spostarsi su un piano disperatamente legato alla responsabilità umana; ma poiché questa formulazione non risponde al quesito principale, cioè perché D-o onnipotente non ha fermato la barbarie nazista, allora si sono date altre risposte. La prima, in area riformata, è che la conseguenza di questo massacro è l’aprirsi di una nuova epoca per l’umanità e ha consentito il ritorno in Eretz Israel. Per questo si vede la Shoah come l’attuazione di un disegno divino (a chi scrive incomprensibile nella sua oggettivazione) che prevedeva l’offerta sacrificale del popolo ebraico. Questa interpretazione aggiunge frustrazione ad una weltanschauung già fatalmente compromessa su un piano morale. In fondo anche la haqedat Ytzchak non aveva condotto all’olocausto, ma si era risolta come prova di obbedienza. Nell’ebraismo ortodosso si è sostenuto invece che l’assimilazione della popolazione ebraica europea fra '800 e '900 e la progressiva perdita identitaria e religiosa conduceva alla ʽavodah zarah, all’idolatria che il Signore ha pesantemente punito nel racconto della Torah, perché l’idolatria è il peccato assoluto contro D-o. Quindi la Shoah sarebbe servita a ricompattare Israele. Anche questa tesi è, a mio giudizio pur essendo io ortodosso, insostenibile. Non vedo nessun disegno provvidenziale dietro al massacro. Dunque rimane solo questa possibilità per un’ermeneutica di Auschwitz. Esther panim, il nascondimento del volto di D-o, che sarebbe dovuto alla sua impotenza. Perché quando D-o ha donato all’uomo il libero arbitrio avrebbe perso il contatto con la sua creatura. Hans Jonas sostiene che D-o è buono ed è giusto ma non onnipotente. Il margine della autodeterminazione umana è il limite della potenza divina. Maimonide stesso aveva compreso che l’attributo dell’onnipotenza entra in collisione con la libertà che è il bene più prezioso che D-o ha dato all’uomo. Lontano dunque dal concetto di predestinazione agostiniana, l’uomo segue un percorso che lui stesso determina. Dunque tutte le teofanie scompaiono? Ma l’uscita dall’Egitto, non era stata una manifestazione divina? E il D-o provvidente che ha guidato il Suo popolo fino alla terra che stilla latte e miele? Davanti a questa immane tragedia, ritorna il quesito che pone la storia di Giobbe a cui non sappiamo rispondere. Forse l’arrivo del Mashiach ristabilirà l’ordine perduto, darà delle risposte. Al momento l’unica risposta, sostiene Eli Wiesel, è che la generazione della Shoah continui a testimoniare quello che è accaduto. ʽAd Matai Helohai, cioè fino a quando o Signore? Chiudo con le parole di Manganelli: "L’ebreo è esule; e noi crediamo di non esserlo? L’ebreo è costretto a misurarsi con le tenebre giacché da millenni è l’oggetto privilegiato dell’ombra, il buio interiore dell’Occidente che lo investe. Ma noi quale rapporto scegliamo con le nostre tenebre? La domanda è posta ad ognuno di noi. Ed anche se assordiamo con i ringhi e i guaiti della nostra paura, questa domanda ritorna. Sei ebreo? Se risponderemo di no, la nostra sorte sarà il terrore di noi stessi, la follia".
 
 
  

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