giovedì 31 gennaio 2013

SHABBATH 22 SHVAT 5773 / 1-2 GENNAIO 2013

Ernst Oppler: Interno di Sinagoga
 
ORARI DI SIRACUSA
Accensione  ore  17.05
Havdalah     ore  18.06
 
PARASHAH YTHRO: Shemoth 18 - 20
HAFTARAH YTHRO: Yeshaʽiahu 6,1-13
 

Shalom a tutti.
Shemoth 9,19: Il Signore disse a Mosè: Ecco io ti apparirò attraverso una densa nube, affinché il popolo oda mentre ti parlo e in tal modo avranno piena fiducia in te anche per l'avvenire".
Le nubi che nascondono D-o possono avere sicuramente il compito di celarlo alla vista cosicché nessuno possa farsene rappresentazione. Ma questo farebbe supporre un D-o altrimenti visibile. In Shemoth 33,20 troviamo: "Non potrai vedere la mia faccia perché nessun uomo può vedermi mentre è in vita". Una errata interpretazione di questo passo lascerebbe supporre una possibile raffigurazione antropomorfica e antropopatica del divino; per quello che riguarda la letteratura rabbina postbiblica non è raro imbattersi in descrizioni VERBALI che rimandano a tali rappresentazioni, basti pensare alla mano o al piede di D-o spesso descritte o al volto che si gira benedicente; ma il comandamento Shemoth 20,4 "Non ti farai alcuna scultura per adorarla né immagine qualsiasi di tutto quanto esiste in cielo al di sopra o in terra al di sotto o nelle acque al di sotto della terra" non lascia spazio ad interpretazioni sul perché D-o non si mostri apertamente agli uomini.
Per approfondire vi consiglio: Maurizio Mottolese: D-o nel Giudaismo rabbinico. Morcelliana, 2010
Tuttavia è interessante notare come sovente sia compito delle nubi celare la maestà divina.
In Shemoth 13,21-22: "Il Signore li guidava di giorno mediante una colonna di nubi...". Shemoth 16,10: "Mentre così parlava Aron alla congrega dei figli di Israele, questi rivolgendosi verso il deserto, videro apparire la maestà divina attraverso la nube". Poi vedremo successivamente in Shemoth 21,21: "Il popolo rimase lontano dal monte mentre Mosè si avvicinò al denso della nube ove era il Signore". Shemoth 24,15-18: "Mosè salì sul monte e il monte fu avviluppato dalla nube. La divina Maestà si fissò sul monte Sinai che fu avvolto dalla nube per sei giorni e il settimo giorno il Signore chiamò Mosè dal denso della nube... Mosè penetrò nel denso della nube, salì sul monte restando lì quaranta giorni e quaranta notti". Successivamente le nuvole che celano D-o ritorneranno in Shemoth 33,9-10; Shemot 40,34-35; Vaykrà 16,2; Bemidbar 9,15; Bemidbar 10,34 ; Bemidbar 14,14; Bemidbar 17,7; Devarim 4,11; Devarim 31,15; e ancora in Tehillim 99,7; Yechezqiel 1,27-28.
Se è vero che simbolicamente le nubi si collegano alla sfera dell'alto, al mondo celeste e supernaturale, è vero anche che possono essere considerate l'assenza di materia, l'ineffabile, l'incorporeo, il pantamorfo, quindi ciò che è evanescente, imponderabile, qualcosa che non si può fissare nella dimensione dello spazio perché la sua continua dinamica le lega alla dimensione del tempo. Per questo nella loro indeterminazione potrebbero riferirsi a ciò che non è rappresentabile, non dominabile proprio perché aereo non inscrivibile in una forma. Diventano il simbolo del mistero divino, di ciò che non è conoscibile ma ha una sua teofania anche attraverso le nuvole.
Ecco un frammento da Mishkan ha-ʽedut di Moshè ben Shem Tov de Leon XII secolo:"Quando la sefirah Malkhut guida le schiere terrestri si avvolge in un abito e quando guida le schiere celesti si spoglia ed esce dal suo scrigno. E l'abito, quando lo indossa, non lo tiene che per un tempo brevissimo.Grazie al mistero dell'abito di cui si veste, i giusti sulla terra possono avvicinarsi a lei. Questo è il segreto del versetto che dice: - Mosè s'avanzò verso la nuvola nella quale era D-o (Shemoth 20,21) - La nuvola è realmente la veste di cui la sefirah si cinge per guardare il mondo. ... Ecco un esempio valido per l'esperienza di tutti i popoli: le potenze celesti quando vogliono agire sulle potenze terrestri per farle prosperare e guidarle si manifestano in forma (cioè vestendo un abito) fisica. È quello che dice il versetto ottavo del Salmo 147: "È lui, il Signore, che ricopre il cielo di nuvole, prepara la pioggia per la terra,  fa germogliare l'erba sui monti". Infatti senza copertura o veste, i cieli non possono guidare la terra per prepararla ed aiutarla".
Anche nello Zohar ritroviamo questo tema sviluppato in relazione a Shemoth 24,18 e 24,21, che vedremo nella prossima parashah.
"La Shekhinah, avvolta nella sua nube, discende verso Mosè e gli fa dono della nuvola, affinché egli possa fare il cammino inverso al suo per salire verso i luoghi divini".
Dunque le nuvole nascondono D-o e nello stesso tempo sono teofania e per la loro stessa consistenza rimandano alla incapacità di ricondurre D-o ad una forma visibile, così come è comandato.
Ricordiamo anche che le nuvole sono portatrici di pioggia, che di fatto pone il collegamento fra la terra e il cielo. Questa considerazione mi richiama un bellissimo breve saggio di Catherine Chalier: Il trattato delle lacrime. In relazione all'occhio che proprio quando è velato di pianto e la vista appannata come da una nube ...
"Velando la chiarezza del mondo, le lacrime obbligano a ritirarsi lontano dalle evidenze, ordinarie o raffinate, del mondo comune e condiviso. Acuendo il senso della loro estrema fragilità e del fondo notturno che costituisce il loro fondamento, anche quando gli uomini attorno a sé sembrano continuare a trovarvi il loro approdo per meglio sistemarsi o affaccendarsi in questo mondo, esse privano di tale sostegno. L'acqua delle lacrime fa svanire la fermezza e il rilievo delle forme, impedisce lo sguardo diretto e fa vacillare, o addirittura spegne, la brace ardente cui le parole umane attingono il loro slancio...
Ora, in questo momento di dissolvimento, e per effimero che sia, il giudizio che chi piange si credeva autorizzato a emettere su di sé, sul mondo e su Dio, fintanto che si fidava delle certezze della sua sensibilità, del senso comune, o ancora dei propri audaci ragionamenti - questo giudizio cede anche sotto la pressione infima di quest'acqua. La persona che piange rinuncia infatti a giudicare e a sapere, rinuncia alle armi della conoscenza per lasciarsi sorprendere da una passività senza fondo..."
Potete leggere questo breve trattato, un vero gioiello, al link qui sotto.
 
Shabbath Shalom
Israel Eliahu


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