giovedì 10 gennaio 2013

SHABATH 1 SHVAT 5773 / 11-12 GENNAIO 2013

 
Karla Waller 

ORARI DI SIRACUSA
Accensione  ore  16.43
Havdalah      ore  17.45
Per le altre località vedi  http://www.myzmanim.com/search.aspx
 
 
PARASHAH VAERA: Shemoth 6,2 - 9,35
HAFTARAH VAERA: Yechezqiel 28,24 - 29,21

Shalom a tutti.
Ancora una volta i midrashim sviluppano un tema che è oggetto di riflessione particolare.
Alla parashà precedente (Shemot, 5, 1-2) davanti a Faraone si presentarono Mosè e Aharon: - Siamo gli inviati del Santo, benedetto egli sia. -
- E che cosa volete? -
- Così ha detto il Signore: manda via il mio popolo (Es 5,1). -
Allora Faraone si adirò e disse: - Chi è il Signore perchè io abbia ad ubbidirlo, mandando via Israele? Io non conosco il Signore e non manderò via Israele. -
Poi soggiunse: - Aspettate, voglio cercare nel mio libro. -
Entrò allora nel suo tesoro, ne trasse una lista di divinità e cominciò a leggere: - dio di Moab, dio di Sidon, dio di Ammon. Il nome del vostro D-o non c'è. -
Risposero allora Mosè e Aharon: - Si possono forse cercare i vivi vicino ai morti? Le divinità di cui tu parli sono divinità morte, mentre il nostro D-o è il D-o vivente -
Allora Faraone chiede: - E' giovane o vecchio, quanti anni ha, quanti paesi ha assoggettato? Quanti sono gli anni del suo regno, ma soprattutto come si chiama? -
Ricordiamo che Faraone ritiene sè stesso un dio tanto da dire:
- Io sono il signore del mondo, ho creato me stesso e il Nilo -
Questo midrash viene raccolto da tutti i commentatori, da Augusto Segre a Elie Wiesel.
Certo è che la risposta attribuita ai due fratelli è fondante una teologia, ma non basta a Faraone che in fondo chiede di vedere il loro D-o e i due non solo non sanno collocarlo in un tempo e in uno spazio, ma non sanno nemmeno il suo nome.
"Egli ha teso il cielo ed ha posto le fondamenta della terra, la sua voce si manifesta attraverso scintille di fuoco, Egli scuote i monti e spezza le rupi, il suo arco è fuoco, le sue frecce sono fiamme, la sua lancia è una face ardente, la sua spada è il lampo. Egli crea le montagne, copre i cieli di nubi, fa scendere la pioggia e la rugiada, fa spuntare le erbe e maturare i frutti, risponde al grido delle partorienti, prepara il feto nell'alvo materno e poi lo fa uscire alla luce del mondo, depone i re e li innalza al trono".
Chi è dunque questo D-o senza nome? Dov'è il suo regno sulla terra? Come si può credere a chi non si vede? E' una delle obiezioni più frequenti che le menti semplici degli atei o degli agnostici oppongono anche oggi ai credenti.
Ma noi, come possiamo comprendere colui che è oltre il mistero e la meraviglia, per usare le parole di Herschel, come parlare di colui che non ha nome e che chiamiamo con molti nomi?!
Maimonide scriveva: "Questi concetti così profondi, che quasi trascendono la comprensione della nostra mente, non possono essere espressi facilmente a parole. Le parole sono una delle principali fonti di errore perchè, qualunque sia la lingua che noi usiamo, troviamo il disturbo delle restrizioni che essa impone alla nostra espressione... Ragionate in cuor vostro sui vostri letti e tacete".
Secondo Maimonide è impossibile addurre prove dell'esistenza di D-o (Ricordiamo che Maimonide ragiona in chiave Aristotelica). Se si muove dalla realtà fisica non si giunge a provare l'effettiva realtà di D-o, nè vi si giunge movendo da realtà astratte che siano frutto della propria mente. Bisogna comprendere la verità nella sua totalità. A proposito di Maimonide Scrive Joseph Sermoneta: "E' errato tentare di giungere sino alle dimostrazioni fondamentali sulle quali dovrebbe basarsi la rispondenza tra un discorso umano e razionale da un canto e la fede in qualcosa che appartiene ad una sfera che non ci è dato conoscere dall'altro. La nostra realtà infatti non è la realtà di D-o".
"Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere", scriverà secoli dopo Wittgenstein, ebreo.
E oggi il grande architetto Peter Eisenman, ebreo, deriva le sue poetiche costruttive, i codici dell'architettura ebraica, dalla negazione della presenza. Cancellate le percezioni sensibili di un antropocentrismo dominante nella cultura greco-cristiana, Eisenman crea lo spazio della "assenza della presenza", di un Dio irrapresentabile e perfino innominabile. "Astratte sono tutte le figure del corpus symbolicum ebraico, l'astrazione è la grafia originaria". Lo spazio nella sua tensione ebraica fra memoria e messianesimo diventa un ontologia, luogo della conoscenza della dimensione universale di D-o e non delle determinazioni particolari, gli enti."
Dunque che può dire Faraone dinanzi a questa presenza della assenza di D-o?
Sfida, sul piano della concretezza, la parte di sè che non sa comprendere, il sublime, la risposta al mistero. Non sa elevarsi sopra la sua propria sapienza, nel limite dei suoi confini, la materia.
Scrive Herschel: "Nella speculazione tradizionale la meditazione intorno a D-o si è svolta via eminentiae, cioè secondo il procedimento dal noto all'ignoto. Il nostro punto di partenza, invece non è il noto, il finito, l'ordine, bensì l'ignoto nel noto, l'infinito nel finito, il mistero nell'ordine ....... La certezza della realtà di D-o non deriva dall'esperienza ma dalla nostra incapacità di sperimentare ciò che viene offerto al nostro spirito. Non è l'ordine dell'esistenza che provoca la nostra comprensione, bensì ciò che vi è di trascendente nella contingenza di qualsiasi ordine, le allusioni alla trascendenza contenute in tutti gli atti, in tutte le cose. La nostra certezza scaturisce dalla meraviglia e dall'assoluto stupore, dal timore provato di fronte al mistero e al significato della vita al di là del nostro discernimento razionale".
Per questo Faraone chiede prove a Mosè e Aharon, ma non comprende nemmeno l'intervento di D-o nella storia nelle calamità che si abbattono sulla sua terra e sul suo popolo.
Eppure nel Sefer haKuzari Yehuda haLewi fa dire al saggio Ebreo chiamato nella disputa, che la conoscenza di D-o non deriva dalla contemplazione del cosmo, ma da quella della storia del popolo ebraico che, a differenza delle altre religioni monoteiste, crede in un D-o nazionale, quello di Avraham, Ytzhak e Ya'akov, perchè solo nella Storia si coglie l'intervento divino nelle attività umane. Un D-o che agisce nella storia e che ha scelto il popolo di Israele come suo popolo. Quando il re dei Kazari gli chiede come mai parli di un D-o nazionale e non di un D-o creatore, il saggio Ebreo risponde che il D-o universale e creatore è quello dei filosofi, dell'intelletto e al filosofo contrappone la figura del Profeta, intesa come superamento della speculazione filosofica.
Questa però è l'intenzione di chi deve dimostrare la potenza di D-o, quella che useranno lo stesso Mosè e Aharon nei confronti di Faraone con la successione delle piaghe, ma il D-o di Mosè è ancora quello senza nome e figura che a lui si rivela.
Shabbat shalom
Israel Eliahu  

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