John Martin: Distruzione di Sodoma e Gomorra
ORARI DI SIRACUSA
Accensione  ore  18.00
Havdalah           18.56
Per le altre località clicca  Q U IPARASHAH VAYERA: Bereshith 18 - 22
HAFTARAH: Melakhim II, 4,1-37
Shalom a tutti.
All'inizio della 
nostra Parashah (Ber. 18,6-8) Avraham comanda a Sarah di offrire ai 
tre ospiti un abbondante pasto: focacce, un vitello arrostito, crema
 e latte. 
Dunque Avraham 
offre a quelli che sapremo poi essere angeli un insieme di cibi che sono
 assolutamente vietati dalla kasherut, le regole dell'alimentazione 
ebraica.
La spiegazione che
 si dà generalmente è semplice, D-o non ha ancora dato le regole della 
Kasherut e comunque non era pensabile di 
far accettare a popolazioni nomadi e semplici un insieme così complesso 
di regole se non in modo progressivo.
L'interdizione 
del cucinare il capretto nel latte della madre compare tre volte nella 
Torah, ma in momenti successivi. Due volte in Shemoth 23,19 e 34,26 e una
 volta in Deuteronomio 14,21.
I nostri maestri dicono che compare tre volte per tre casi distinti:
1) Mangiare carne e latte insieme;
1) Mangiare carne e latte insieme;
2) Cuocere insieme
 latte e carne anche senza mangiarne, come potrebbe essere il caso dell'offerta di cibo nella nostra Parashah, Avraham non sa chi ha di fronte e
 lui stesso potrebbe non mangiare;
3) Averne 
giovamento o profitto, per esempio vendendo o dando in pasto agli animali
 carne e latte (dunque facciamo attenzione perché nel cibo per i nostri 
animali domestici potrebbero esserci farine lattee, cfr. Riccardo di Segni: Guida alle regole alimentari ebraiche).
Nella 
Torah il divieto è riferito solo a capretto cucinato nel latte materno.
 L'estensione a tutti i tipi di carne e alla commistione anche in tempi 
successivi di ingestione è successiva, fa parte della Torah orale o 
comunque di interpretazioni rabbiniche talmudiche.
Non sussistendo 
motivazioni di carattere igienico o salutista, Rav Di Segni ritiene che 
sia una di quelle regole per le quali non esiste una spiegazione 
razionale.
Tuttavia altri commentatori insistono su motivazioni giustificative.
Simbolicamente potrebbe rimandare al tabù dell'incesto.
Nella 
Torah, secondo il gzerah shawah ovvero il criterio di analogia (uno dei 
criteri ermeneutici stabiliti da Rabbi Ishmael nella Mekiltà) vengono 
proibite in vario modo le mescolanze di specie differenti, vedi ad 
esempio gli innesti, gli animali per l'aratura (bue ed asino, uno dei 
due faticherebbe troppo), nei tessuti, ad esempio è vietata la mescolanza
 di lana e lino.
Da un punto di vista mistico rimanda alla opposizione tra la middàth ha din,
l'attibuto della giustizia simboleggiato dalla carne e la middath ha rachamim
l'attributo della misericordia rappresentato dal latte.
Abrabanel nel suo 
commento alla Torah scrive che a suo avviso il divieto dovrebbe essere 
ricondotto ai costumi di alcuni popoli idolatri che cucinavano il 
capretto nel latte della madre per ingraziarsi le divinità ai tempi del 
raccolto.
Rabbi Menachem nel
 suo Tsedà Ladarech riferisce che i gentili utilizzavano questo latte 
per concimare le sementi e rendere copiosi i frutti. Dunque ci riferiamo
 a riti magici, ad incantesimi di popoli idolatri e non utilizzare 
queste pratiche significava anche interrompere qualsiasi possibile 
contiguità con queste culture.
Maimonide, da 
medico cercava nel suo Morè Nebuchim di ricondurre il tutto a questioni 
di salutismo nell'alimentazione ma con motivazioni non convincenti.
Un'ultima osservazione. Ancora la presenza di un pozzo accompagna 
l'allontanamento di Hagar, tanto che Lattes lo chiama un leit motiv.
"Allora D-o aprì
 i suoi occhi ed ella vide un pozzo d' acqua; vi andò, riempì l'otre e 
diede da bere al fanciullo (Ber. 21,19). Giulio Busi ci dice che l'intervento divino viene espresso col termine pqh che si riferisce all'acquisizione di una consapevolezza interiore. Hagar si accorge di 
qualcosa che aveva visto ma la cui portata non aveva compreso: il pozzo 
assume spesso questo carattere di discesa nell'inconscio per arrivare 
alle proprie risorse interiori.
Giqatilla
 nel suo Saʽare horah scrive a proposito del versetto "Acque profonde 
sono i disegni del cuore dell'uomo, ma l'uomo intelligente sa attingerle"
 (Prov. 20.5): "Nessuna creatura può comprendere il segreto del 
pensiero se non per mezzo della sefirah dell'intelligenza (binah). La 
si può paragonare al secchio che scende per raggiungere la 
profondità del pensiero, mentre colui che attinge rimane all'esterno 
del pozzo".
Il pozzo diventa
 quindi il tramite per raggiungere la profondità della coscienza e 
collega il mondo ipogeo con quello manifesto.
Sarà proprio un pozzo che in età messianica risalirà fino a Yrushala'm per irrigarla.
E in 
relazione a Ber. 44 quando Yehuda cerca di comprendere le intenzioni di Yosef per indurlo a rivelarsi, il midrash Bereshith Rabbah paragona il 
tentativo di Yehuda a una lunga corda che attinge acqua al pozzo profondo
 (cfr. Giulio Busi: Simboli del pensiero Ebraico) fino a raggiungere il
 cuore del fratello.
Shabbath shalom
Israel Eliahu
  
 
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