venerdì 18 ottobre 2013

SHABBATH 15 CHESHVAN 5774 / 18-19 OTTOBRE 2013 - V A Y E R A

John Martin: Distruzione di Sodoma e Gomorra

ORARI DI SIRACUSA

Accensione  ore  18.00

Havdalah           18.56
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PARASHAH VAYERA: Bereshith 18 - 22
HAFTARAH: Melakhim II, 4,1-37

Shalom a tutti.
All'inizio della nostra Parashah (Ber. 18,6-8) Avraham comanda a Sarah di offrire ai tre ospiti un abbondante pasto: focacce, un vitello arrostito, crema e latte. 
Dunque Avraham offre a quelli che sapremo poi essere angeli un insieme di cibi che sono assolutamente vietati dalla kasherut, le regole dell'alimentazione ebraica.

La spiegazione che si dà generalmente è semplice, D-o non ha ancora dato le regole della Kasherut e comunque non era pensabile di far accettare a popolazioni nomadi e semplici un insieme così complesso di regole se non in modo progressivo.

L'interdizione del cucinare il capretto nel latte della madre compare tre volte nella Torah, ma in momenti successivi. Due volte in Shemoth 23,19 e 34,26 e una volta in Deuteronomio 14,21.

I nostri maestri dicono che compare tre volte per tre casi distinti:
1) Mangiare carne e latte insieme;

2) Cuocere insieme latte e carne anche senza mangiarne, come potrebbe essere il caso dell'offerta di cibo nella nostra Parashah, Avraham non sa chi ha di fronte e lui stesso potrebbe non mangiare;

3) Averne giovamento o profitto, per esempio vendendo o dando in pasto agli animali carne e latte (dunque facciamo attenzione perché nel cibo per i nostri animali domestici potrebbero esserci farine lattee, cfr. Riccardo di Segni: Guida alle regole alimentari ebraiche).
Nella Torah il divieto è riferito solo a capretto cucinato nel latte materno. L'estensione a tutti i tipi di carne e alla commistione anche in tempi successivi di ingestione è successiva, fa parte della Torah orale o comunque di interpretazioni rabbiniche talmudiche.

Non sussistendo motivazioni di carattere igienico o salutista, Rav Di Segni ritiene che sia una di quelle regole per le quali non esiste una spiegazione razionale.

Tuttavia altri commentatori insistono su motivazioni giustificative.

Simbolicamente potrebbe rimandare al tabù dell'incesto.

Nella Torah, secondo il gzerah shawah ovvero il criterio di analogia (uno dei criteri ermeneutici stabiliti da Rabbi Ishmael nella Mekiltà) vengono proibite in vario modo le mescolanze di specie differenti, vedi ad esempio gli innesti, gli animali per l'aratura (bue ed asino, uno dei due faticherebbe troppo), nei tessuti, ad esempio è vietata la mescolanza di lana e lino.

Da un punto di vista mistico rimanda alla opposizione tra la middàth ha din,

l'attibuto della giustizia simboleggiato dalla carne e la middath ha rachamim

l'attributo della misericordia rappresentato dal latte.

Abrabanel nel suo commento alla Torah scrive che a suo avviso il divieto dovrebbe essere ricondotto ai costumi di alcuni popoli idolatri che cucinavano il capretto nel latte della madre per ingraziarsi le divinità ai tempi del raccolto.

Rabbi Menachem nel suo Tsedà Ladarech riferisce che i gentili utilizzavano questo latte per concimare le sementi e rendere copiosi i frutti. Dunque ci riferiamo a riti magici, ad incantesimi di popoli idolatri e non utilizzare queste pratiche significava anche interrompere qualsiasi possibile contiguità con queste culture.

Maimonide, da medico cercava nel suo Morè Nebuchim di ricondurre il tutto a questioni di salutismo nell'alimentazione ma con motivazioni non convincenti.

Un'ultima osservazione. Ancora la presenza di un pozzo accompagna
l'allontanamento di Hagar, tanto che Lattes lo chiama un leit motiv.

"Allora D-o aprì i suoi occhi ed ella vide un pozzo d' acqua; vi andò, riempì l'otre e diede da bere al fanciullo (Ber. 21,19). Giulio Busi ci dice che l'intervento divino viene espresso col termine pqh che si riferisce all'acquisizione di una consapevolezza interiore. Hagar si accorge di qualcosa che aveva visto ma la cui portata non aveva compreso: il pozzo assume spesso questo carattere di discesa nell'inconscio per arrivare alle proprie risorse interiori.

Giqatilla nel suo Saʽare horah scrive a proposito del versetto "Acque profonde sono i disegni del cuore dell'uomo, ma l'uomo intelligente sa attingerle" (Prov. 20.5): "Nessuna creatura può comprendere il segreto del pensiero se non per mezzo della sefirah dell'intelligenza (binah). La si può paragonare al secchio che scende per raggiungere la profondità del pensiero, mentre colui che attinge rimane all'esterno del pozzo".

Il pozzo diventa quindi il tramite per raggiungere la profondità della coscienza e collega il mondo ipogeo con quello manifesto.

Sarà proprio un pozzo che in età messianica risalirà fino a Yrushala'm per irrigarla.

E in relazione a Ber. 44 quando Yehuda cerca di comprendere le intenzioni di Yosef per indurlo a rivelarsi, il midrash Bereshith Rabbah paragona il tentativo di Yehuda a una lunga corda che attinge acqua al pozzo profondo (cfr. Giulio Busi: Simboli del pensiero Ebraico) fino a raggiungere il cuore del fratello.

Shabbath shalom

Israel Eliahu
 

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